Munari tra estetica e stupore
Al Centro Trevi le macchine in movimento e gli oggetti flessibili dell’artista
Alcune fluttuano scenograficamente nello spazio, altre sono poste a terra. Sono dinamiche, interattive, spezzano le abitudini della percezione visiva, sono ironiche e leggere. Sono una miscela unica di arte, «diavolerie» matematiche e poesia le «Macchine a struttura flessibile di Bruno Munari», che l’Associazione Culturale Teatro Pratiko in collaborazione con il Centro Culturale Trevi - la piazza della cultura presenta nella prima parte del progetto Munari - In movimento, a cura di Miroslava Hajek e Manuel Canelles.
Grazie alla courtesy della storica d’arte Hajek – che proprio Munari, nel 1969, preoccupato dell’errata considerazione critica del suo lavoro artistico, aveva scelto per curare una selezione delle sue opere d’arte più importanti - l’esposizione che s’inaugura oggi nelle sale del Centro Trevi di Bolzano propone alcuni lavori storici dell’eclettico artista, intellettuale, designer, grafico e scrittore milanese (1907-1998), figura leonardesca (fu Picasso a definirlo «un Leonardo da Vinci contemporaneo») tra le più rilevanti del Novecento italiano, capace di declinare il suo pensiero in molteplici discipline e arti, proprio come il genio universale del Rinascimento.
«Era un uomo – ricorda Miroslava Hajek – profondamente umano e senza pregiudizi. Ha rivoluzionato l’approccio con l’arte. Le sue opere parlano di apertura verso l’universo, con l‘uomo che vi trova il suo spazio dentro. È sempre stato interessato al coinvolgimento dello spettatore». Realizzata col contributo della Provincia autonoma di Bolzano - Alto Adige Ripartizione Cultura Italiana, aperta fino al 29 febbraio, la mostra presenta due serie di produzioni, i «Flexy» e i «Concavo-Convesso», ovvero dagli oggetti flessibili a funzione estetica nati negli anni ’60 come opera d’arte interagibile a quei lavori realizzati a cavallo tra gli anni ’40 e ’50 che sono di fatto i primi esempi di installazioni nella storia dell’arte. «La fantasia permette di pensare qualcosa che prima non c’era, senza nessun limite, costruisce le relazioni tra le cose già conosciute creandone di nuove», affermava Munari.
Sono ancora capaci di sorprendere le sue creazioni, che sembrano voler abbracciare il visitatore accolto dai «Flexy», esemplari plastici di grandi dimensioni, di forma dinamica, manipolabili, privi di un alto o un basso, un davanti o un dietro, una destra o una sinistra, «oggetti topografici» che cambiano la forma senza cambiare le misure, interattivi, completati dalla proiezione a sequenza di quei vetrini rossi e blu che Munari stesso proiettava ritmati come fosse un film unico. «Chi entra negli ambienti del Trevi si trova al centro di un’esperienza visiva e sensoriale», marca Manuel Canelles.
Si passa dalla luce al buio. Un corridoio di una trentina di metri ospita la serie dei «Concavo-Convesso», costruita a partire da un prodotto industriale come una semplice rete metallica a maglia fine, trasparenza sfruttata attraverso l’uso di illuminazioni puntiformi orientate sull’oggetto, allo scopo di creare sulle pareti dell’ambiente circostante delle ombre e dei disegni astratti sempre mutevoli come cortometraggi: «Nelle strutture “ConcavoConvesso” – spiega Hajek - partendo dall’idea di spazio curvo del matematico tedesco Bernhard Riemann Munari rende l’opera d’arte dilatata nello spazio, e connessa alle energie spazio-temporali. Le ombre possono non finire mai, vanno nell’infinito e proiettano l’opera nella quarta dimensione».
E c’è un’altra dimensione che interessava a Munari, quella del gioco e del laboratorio. Assume quindi molta importanza la zona laboratoriale allestita dentro l’esposizione dove si terranno, contestualmente con la mostra, laboratori rivolti alle scuole, educatori, insegnanti, a cura di Gruppo immagine, centro sperimentale per lo sviluppo del pensiero divergente inaugurato dallo stesso Munari.
Nel mese di luglio verrà presentata la seconda fase del progetto «Munari - In movimento» con le «Proiezioni a luce fissa» e le «Proiezioni a luce polarizzata», realizzate negli anni ‘50, con cui Munari «il perfettissimo» – così veniva pure definito – portava a compimento la sua ricerca volta a conquistare una nuova spazialità oltre la realtà bidimensionale dell’opera. «Questo gruppo di lavori - sottolinea Canelles sono una novità assoluta nel campo delle ricerche cromo-cinetiche e rappresentano un primo esempio di video mapping».
Ha scritto di Munari lo scrittore Giuseppe Pontiggia: «La sua arte è il punto di intersezione di più arti, tra cui quella di vivere, di pensare e di giocare».