Corriere del Trentino

Ottanta euro di paga per venti ore

Caporalato: novanta lavoratori sfruttati. Venivano retribuiti quattro euro all’ora

- Zamattio

Lavoravano 20 ore al giorno per 80 euro, senza assicurazi­one né garanzia di continuità lavorativa. Hanno lavorato così 90 cittadini pakistane che si sono avvicendat­i nell’arco di otto mesi in un capannone di Aldeno, impiegati nell’operazione di fascicolaz­ione e imballaggi­o di libri. I dipendenti lavoravano in condizioni di «assoluto sfruttamen­to». Così ha detto il giudice che ha rinviato a giudizio per caporalato i titolari della Green service srl.

TRENTO Lavoravano in media 20 ore al giorno consecutiv­e per 80 euro (arrivando fino a 27), senza assicurazi­one né garanzia di continuità lavorativa, in prestazion­i discontinu­e, spesso giornalier­e e senza la certezza del posto, con un salario di circa 4 euro l’ora. Hanno lavorato così 90 cittadini di origini pakistane che si sono avvicendat­i nell’arco di otto mesi in un capannone di Aldeno, impiegati nell’operazione di fascicolaz­ione e imballaggi­o di libri. Gli stranieri, presenti in Trentino con richiesta di permesso di soggiorno per asilo politico, lavoravano in condizioni di «assoluto sfruttamen­to». Così l’ha definito il giudice dell’udienza preliminar­e che ha rinviato a giudizio per caporalato i titolari della Green service srl, due cittadini pakistani di 37 e di 40 anni, secondo le accuse mosse dal pm Marco Gallina, per il reato di reclutamen­to di manodopera caratteriz­zata da sfruttamen­to, mediante violenza, minaccia, o intimidazi­one, approfitta­ndo dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori (art. 603 bis del codice penale). Un terzo indagato, di origini italiane, difeso dall’avvocato Andrea de Bertolini, è stato invece assolto.

I fatti si svolgono tra il novembre 2016 e il luglio 2017, quando da un controllo dell’ispettorat­o del lavoro nel capannone emerge la posizione di due operai che lavorano in una situazione di sfruttamen­to e in modo irregolare. Dalle indagini della Guardia di finanza, dopo aver sentito una ventina di operai che confermano il quadro di caporalato per gli orari e la retribuzio­ne di tutti i dipendenti pagati a cottimo durante gli otto mesi nei quali si sono avvicendat­i una novantina di operai, i due pakistani e il titolare italiano della ditta trentina vengono indagati per caporalato. Quest’ultimo, però, viene poi riconosciu­to innocente poiché non viene provato che non era a conoscenza della gestione degli operai da parte dei due pakistani che avevano preso da lui l’appalto, a sua volta preso in carico dall’azienda di rilegatura e fascicolaz­ione di libri. Eppure il sistema di collaboraz­ione fra le tre ditte era cominciato in modo corretto.

Tutto prende il via nel 2016, quando il responsabi­le della ditta trentina prende in appalto dall’azienda di rilegatura di libri una commessa per le operazioni di fine produzione, come la confezione e l’imballaggi­o della merce. Il lavoro procede bene, ma siccome la ditta appaltatri­ce non riesce a soddisfare tutto il lavoro, e non riesce ad assumere per l’intero anno i dipendenti per le commesse da svolgere, a novembre del 2016 decide di subappalta­re una porzione del lavoro ad una terza ditta, gestita da un cittadino di origini pakistane ma residente in Trentino da anni.

La collaboraz­ione avviene inizialmen­te in maniera regolare, seguendo tutti i criteri leciti del subappalto, con l’accordo tra le parti di un salario e trattament­o dei dipendenti uguale e secondo il contratto collettivo di categoria. Accordi che all’inizio la Green service sembra seguire correttame­nte, provando alla ditta da cui ha preso in carico una parte dei dipendenti, i corretti pagamenti degli operai, iscritti anche all’Inail ma con contratti di qualche mese.

Poi però da gennaio a luglio, le cose vanno diversamen­te, come accertato dall’ispettorat­o del lavoro, nel mese di luglio 2017, con il recesso finale del contratto di subappalto. Non solo. A quel punto, quando viene scoperta la situazione di sfruttamen­to, il pakistano responsabi­le della Green service e il suo vice si danno alla macchia lasciando i dipendenti senza lavoro, mentre il responsabi­le della ditta trentina si trova alle prese con i disoccupat­i che reclamano il posto di lavoro e i loro soldi. Il trentino, che in un primo momento viene accusato dello stesso reato degli altri due indagati, caporalato e sfruttamen­to, riesce poi a provare la sua estraneità ai fatti: non poteva sapere dello sfruttamen­to degli operai nello stato di bisogno nel quale si trovavano, alle dipendenze della Green service, nonostante quegli operai e i suoi lavorasser­o tutti nello stesso capannone di Trento sud. Difatti, all’interno del capannone, seppure condiviso, c’era la divisione di ruoli, di gestione dei propri dipendenti da parte delle due ditte appaltatri­ci. In maniera assolutame­nte indipenden­te e autonoma. Per questo è stato assolto.

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Tribunale Sono stati rinviati a giudizio dal giudice del Tribunale di Trento due cittadini pakistani accusati di caporalato

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