Revisori dei conti il nuovo assetto non spaventa
Giglioli (Confindustria): il tema ci sta a cuore. Artigiani divisi
La piccola impresa trentina condivide la riforma dei revisori dei conti. Giglioli (Confindustria): «Il tema ci sta a cuore». Gli artigiani sono divisi. Corrarati: «È un peso per le piccole realtà».
Il Codice della crisi d’impresa non spaventa le piccole imprese trentine e una parte del mondo artigiano, trovando anche l’appoggio del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti (Condec). La norma, che modifica i limiti in base al quale l’impresa è obbligata a dotarsi di un revisore dei conti deputato a segnalare eventuali irregolarità in tempo reale, ha fatto tanto discutere le categorie di altre ragioni italiane, perché rischierebbe di minare le piccole imprese, sobbarcandole con una spesa aggiuntiva importante. Che sarà obbligatoria dalla prossima scadenza per la presentazione dei bilanci societari per chi ha superato per due esercizi consecutivi una delle seguenti soglie: 4 milioni di ricavi, 4 milioni di attivo o 20 dipendenti.
Ma è lo stesso presidente della Piccola industria di Confindustria Trento Marco Giglioli a dare una visione positiva delle novità. «La misura contenuta nel Milleproroghe — spiega — non è altro che un soprassalto di buon senso: l’obbligo di introdurre anche nelle realtà di dimensioni contenute i sindaci o i revisori — in vigore dal 16 dicembre scorso e largamente disatteso — viene spostato e fatto decorrere dalla prossima scadenza per la presentazione dei bilanci societari. La riforma pone l’accento sui controlli interni alle imprese e più in generale sull’organizzazione aziendale — continua Giglioli — perché fa riferimento ad assetti organizzativi adeguati a prevenire la crisi. Sono temi che ci stanno a cuore nell’impegno che portiamo avanti da anni come Piccola industria per diffondere una cultura d’impresa più moderna anche nelle realtà ad impronta familiare». L’auspicio di Giglioli è di «poter operare in un sistema di regole certe, e non in un contesto in cui la sola previsione sicura sia quella di incappare in nuovi oneri economici e burocratici».
Se il mondo delle piccole imprese appare fiducioso, quello degli artigiani assume posizioni contrastanti. Marco Segatta, presidente dell’Associazione artigiani di Trento, e Claudio Corrarati, presidente del Cna di Trento, sono entrambi d’accordo sulla ratio che ha portato alla norma. Per Segatta «è una bella idea perché si vuole evitare che un’azienda arrivi in una situazione tale che poi coinvolge anche i fornitori», mentre per Corrarati «il messaggio di gestire bene le aziende lo recepiamo con grande senso di responsabilità, perché il tessuto di piccolo e medie aziende deve essere serio». I due, però, si dividono sui limiti imposti. Per il presidente di Cna «si rischia di ingessare con eccessiva burocrazia e il tessuto delle piccole imprese», mentre il numero uno dell’Associazione artigiani ritiene che i limiti «coinvolgeranno solo imprese già abbastanza strutturate, che possono sostenere certi costi».
Si stima che in media l’impatto sui conti aziendali sia di 6mila euro, oscillando tra i 4 e i 12mila euro a seconda delle dimensione dell’azienda. Costi che potrebbero diventare un problema per gli stessi revisori. «Queste tariffe sono molto ridotte, perché dovute alla grande concorrenza presente sul mercato — spiega Maurizio Postal, membro del Condec —. È difficile per il revisore trovare una copertura assicurativa, perché non ci sono norme che tutelino e pongano un limite alla responsabilità civile ed economica del revisore». Nel complesso, però, il Condec appoggia la filosofia della norma: «Il Codice a prevede un sistema di allerta e di anticipazione della crisi. Noi abbiamo contribuito a raddoppiare gli iniziali limiti della norma, effettivamente troppo restrittivi».