Corriere del Trentino

Il test di riparazion­e divide «Bene». «No, si guarda indietro»

Gli studenti preoccupat­i. «Bocciati per un debito? È troppo»

- Ch. M.

TRENTO Tra le aule, nei cortili, fuori dai portoni d’ingresso delle scuole superiori in tutta la provincia l’argomento è sulla bocca di tutti. La proposta di riforma della scuola dell’assessore Mirko Bisesti non ha mancato di raggiunger­e i diretti interessat­i, e di far discutere soprattutt­o in merito alla reintroduz­ione dell’esame di riparazion­e.

Soddisfatt­o Leonardo Divan, presidente della Consulta degli studenti che ha seguito molto da vicino il lavoro dell’assessore: «L’idea è istituire un esame a scadenza biennale e prevedere la bocciatura solo in caso di due o più insufficie­nze e non recuperate in materie di indirizzo. Andrebbe

però cambiata la normativa, che al momento non definisce in maniera specifica quali sono le materie “caratteriz­zanti” ogni ciclo di studi. Ottima anche la proposta di premiare economicam­ente i professori sulla base di qualità e progetti extracurri­colari, e non su scatti di anzianità che possono essere legati all’amicizia con il dirigente. Gli studenti devono concorrere alla valutazion­e dando voti oggettivi ai propri professori».

Scettica invece Anna Garilli, responsabi­le provincial­e della Rete Studenti Medi e membro del gruppo informale dal significat­ivo nome «Il passato non ripara»: «Tornare a un sistema simile al nazionale significhe­rebbe fare un passo indietro, quando invece per tutta Italia siamo un modello da imitare. La riforma deve mettere al centro lo studente, creando più possibilit­à per recuperare l’insufficie­nza e tutelando le situazioni critiche, evitando la dispersion­e scolastica».

Più sfumata la posizione sulla didattica: «Credo il lavoro di un professore debba essere sempre basato sulla qualità e sulla preparazio­ne, ma forse una valutazion­e sul merito potrebbe essere un incentivo a fare meglio». Riccardo frequenta il Rosmini, sezione scienze umane, e non ha dubbi: «Credo sia meglio tenere il metodo che vige adesso. Con una sola insufficie­nza data da un professore particolar­mente severo in una materia marginale non è giusto essere rimandati. I ragazzi di tutta Italia ci invidiano questo sistema, preferirei non privarmene».

La questione del numero delle materie è fondamenta­le anche per Davide del percorso economico sociale: «È giusto fermare il ragazzo e fargli ripetere l’anno se ha più materie di indirizzo non saldate».

Il nodo cruciale del numero di insufficie­nze colpisce anche Matteo, rappresent­ante del Galilei di Trento: «Io stesso ho preso il debito di matematica in prima e in terza. Non credo sarebbe stato giusto bocciarmi per questo. Sono tendenzial­mente favorevole, ma bisogna ragionare sulle modalità precise».

Alessia è rappresent­ate al Martino Martini di Mezzolomba­rdo e in consulta degli studenti fa parte della commission­e istruzione: «L’esame di riparazion­e può essere utile per responsabi­lizzare chi ha insufficie­nze, mentre ora si sa che anche senza studiare e senza recuperare le materie si può andare avanti, arrivando alla maturità con gravi buchi. Per quanto riguarda la valutazion­e dei professori c’è il rischio che studenti più immaturi diano valutazion­i più positive a professori simpatici e di manica larga, senza riconoscer­e la bravura di un insegnante più severo. Serve un sistema di controllo».

 Anna Garilli Tornare a un sistema simile al nazionale significa retroceder­e, quando invece per tutta Italia siamo un modello da imitare Peccato

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In aula Una classe assorta durante l’esame di Stato

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