TAGLIO PARLAMENTARI, IL BISOGNO DI CAPIRE
Se provate a chiedere, ma l’avrete già fatto credo, a qualcuno cosa succederà il 29 marzo prossimo, riceverà le risposte più disparate e molto personali. Nulla che evochi un passaggio istituzionale fondante per la nostra democrazia che è il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari. Quesito che si tende a fare passare per un semplice calcolo di «soldi» in termini di spesa dello Stato. Ridurre i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200, secondo l’Osservatorio dei conti pubblici, comporta un risparmio di circa 80 milioni di euro all’anno; cifra che sembra rilevante ma che in termini realistici rappresenta lo 0,007% della spesa pubblica.
Non ho mai nascosto la mia critica alle spese di Camera e Senato e per i vitalizi, ma incidere sulle garanzie del sistema costituzionale attuale, con un referendum senza quorum, per giunta, sembra un altro discorso. In termini numerici si passerebbe da 1 rappresentante ogni 64mila abitanti a 1 ogni 100mila, con il rischio di vuoti di rappresentanza. Un discorso che effettivamente ha un peso da considerare.
Ci si arriva, come spesso oggi succede, arrancando, sgomitando, sgambettando l’avversario. Una riforma di questa portata ha bisogno di essere preparata con una adeguata legge elettorale e valutando tutti gli elementi accessori della democrazia parlamentare.
Il Movimento 5 stelle è affezionato alle sue battaglie di immagine e di sostanza relativa. Ci sta abituando a posizioni proterve e apodittiche, basti vedere la prescrizione, ma credo che anche in questo caso la stampa e i media abbiano un ruolo decisivo di comunicazione e informazione da esercitare. Possibilmente non in termini di parte e populisti come spesso accade. Siamo seri, per una volta.
Una volta tanto chiederei alla politica inoltre, specie ai partiti più maturi, di vigilare sull’andazzo e di farsi interpreti di una serietà che talvolta vacilla per opportunismi elettorali. Se proprio si vuole dare un taglio alle spese che si cominci dai 100 enti inutili ancora vivacchianti e dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), organismo assolutamente superfluo. Non grandi spazi, ma un buon segnale.
Affrontare un grande tema-problema come questo non è facile. Speriamo che lo facciano i media, cominciando per tempo e rimanendo equidistanti. Aiutate i cittadini a capire.