Corriere del Trentino

Gli operai alle Viote «Siamo tranquilli, ma molti hanno rifiutato»

Pronto il padiglione speciale per eventuali casi conclamati

- Di T. Di Giannanton­io

Nelle ex caserme austrounga­riche delle Viote sono ospitati da quattro giorni i 16 cinesi in isolamento volontario e qui è stato allestito il padiglione speciale per eventuali contagiati. Qui operano i medici, i tecnici della Protezione civile , i lavoratori e i volontari, qualcuno con la tuta bianca, tutti con la mascherina e i guanti. «Siamo qui da alcuni giorni per pulire le stanze, siamo tranquilli».

TRENTO In origine era l’alloggio degli ufficiali e della truppa di stanza. Poi nel 1914, alla vigilia della Grande Guerra, l’edificio è stato riconverti­to in presidio sanitario, motivo per cui veniva chiamato dalla gente del posto «l’ospedale». Oggi, passati più di cent’anni, la struttura delle ex caserme austrounga­riche delle Viote è tornata ad avere una funzione simile: qui sono infatti ospitati da quattro giorni i 16 cinesi in isolamento volontario e qui, soprattutt­o, è stato allestito il padiglione speciale per eventuali contagiati. La «guerra», in questo caso, è al coronaviru­s. A combatterl­a, non in prima linea come i medici e i tecnici della Protezione civile, ci sono anche lavoratori e i volontari che operano nel vecchio «ospedale»: dagli operai edili agli addetti alle pulizie, passando per i giovani della Croce Rossa.

Vicino alle ex caserme — un’oasi di pace a 1.500 metri di quota — ci sono tre dipendenti di una ditta di pulizie, qualcuno con la tuta bianca addosso, tutti con la mascherina e i guanti. «Siamo qui da alcuni giorni per pulire tutte le stanze, poi verremo solo il sabato perché nessuno vuole venire a lavorare qui, sia per la lontananza e sia per la paura di essere contagiato — spiega uno di loro —. Io e altri due operai abbiamo dato la disponibil­ità: gli altri no. Questa mattina siamo venuti per completare le pulizie. Ovviamente indossiamo la maschera mentre lavoriamo».

Nel frattempo arriva, in auto, un uomo dai tratti somatici orientali. Si ferma nella zona antistante «l’ospedale» e spalanca la portiera, rimanendo però in macchina con il telefono in mano. «Sono qui a portare un pacco a mia moglie — dice —. Lei è tornata dieci giorni fa dalla Cina, ma sta bene. La nostra famiglia si trova lontano da Wuhan, in un paese circondato da montagne come qui. Per sicurezza però è meglio che sia fuori per due settimane. Oggi sono riuscito a venire a portarle qualcosa perché il fine settimana non lavoro». Passano dieci minuti, e dopo aver lasciato una busta bianca all’ingresso, l’uomo riaccende la macchina e riprende la strada verso casa. Sua moglie, insieme ad altre 15 persone, rimane invece nella residenza temporanea per la quarantena fiduciaria, racchiusa nel silenzio tra cima Verde e il Palon.

Dalla vetrata del portone d’entrata emerge la sagoma di una persona vestita di rosso. Nell’atrio, appena dopo l’ingresso, due giovani ventenni volontarie della Croce Rossa sono sedute dietro a un tavolino, a fianco a una television­e, sincronizz­ata su un canale di musica. «Siamo qui a sorvegliar­e la quarantena — illustrano i loro compiti le due ragazze del turno mattutino (814) —. Dobbiamo consegnare le confezioni di cibo (alle 11,

ndr) e altre cose di prima necessità, dallo shampoo agli asciugaman­i. Vengono loro però, noi non saliamo mai al piano in cui dormono. Questi sono gli unici momenti in cui li vediamo. Magari a volte, in particolar­e la mattina presto, scendono in pantofole a fumarsi qualche sigaretta. Ma non si avvicinano mai perché sanno di essere in isolamento». I volti sono abbastanza distesi. Nessuna paura di stare nello stesso stabile in cui si trovano persone che sono rientrate dalla Cina. «No assolutame­nte — risponde Alice, che quando non presta servizio da volontaria per la Croce Rossa di Lavis lavora come operatrice socio-sanitaria —. Abbiamo scelto noi di venire qui.Se ci hanno permesso di venire non credo sia pericoloso. Siamo abbastanza tranquille insomma».

Intanto passano quattro donne con la mascherina al volto che si dirigono verso il cortile. Qualcuna si accende una sigaretta, altre parlano al telefono in vivavoce. Il loro parlare si confonde unicamente con dei rumori che provengono da dietro la struttura, provocati da tre operai edili. «Ci hanno chiamato ieri sera per allestire il padiglione speciale e questa mattina siamo corsi qui per fare i lavori — dicono, anche loro con la mascherina —. Abbiamo messo dei muri divisori in cartongess­o per isolare le stanze e una doppia porta per fare da filtro. Nel pomeriggio terminerem­o tutto». Finirà così anche il brusio e ritornerà a regnare il silenzio.

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A fianco un operatore entra nella struttura delle Viote con la mascherina. Sopra l’eventuale stanza di isolamento
In quota A fianco un operatore entra nella struttura delle Viote con la mascherina. Sopra l’eventuale stanza di isolamento

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