Corriere del Trentino

Studenti trentini all’università patavina «Tornare? Si vedrà»

- Alberto Mapelli Chiara Marsilli

TRENTO «La Cina è vicina», recitava il titolo di un film di Marco Bellocchio di qualche anno fa. Ma Padova lo è ben di più. Dopo le recenti notizie che vedono anche il Veneto sede di alcuni casi, di cui uno mortale, di Coronaviru­s, i circa 100 chilometri che la separano da Trento paiono improvvisa­mente ridursi. Al tempo stesso l’antica città universita­ria si allontana: sono molti i trentini che la frequentan­o per motivi di lavoro o di studio che ora sono costretti a riflettere su come comportars­i. Nessuna psicosi, ma la necessità di seguire le linee guida, che raccomanda ai trentini di non recarsi nelle zone dove si sono già registrati casi di contagio.

Anna frequenta l’Università padovana e in questo momento è a Trento, conclusi gli esami del primo semestre. «Dovrei tornare giù i primi di marzo per il tirocinio ma non so ancora cosa farò. Ho paura che trovino qualcuno di contagiato in città e chiudano Padova in quarantena mentre io sono giù. Per il momento il governator­e veneto Zaia ha chiuso l’Università per una settimana. Se in questa settimana dovessero esserci aggiorname­nti gravi riguardo la città dovrei ripensare il da farsi». La paura del virus colpisce anche a distanza e anche le persone che non hanno alcun legame diretto con la città patavina. «Mia sorella voleva accompagna­rmi a Padova per andare all’Ikea, ma ora non ne è più convinta». Sospese le gite fuori porta in direzione veneto, si pensa a chi al momento è al centro del ciclone: «Un mio coinquilin­o che è a Padova in questi giorni mi ha detto che sarebbe andato a fare rifornimen­to di cibo, ma scherzava».

Un’altra Anna trentina, che di cognome fa Dorna ed è iscritta alla laurea magistrale in ingegneria delle telecomuni­cazioni all’Università di Padova, non ha paura. «Preoccupat­a? Assolutame­nte no. Sono informata e so che è un virus da cui si ha una buonissima probabilit­à di guarire». E nella città veneta si è detta pronta a rientrare, prima di venire a conoscenza della chiusura precauzion­ale dell’Ateneo. «Ero là fino a ieri sera e sarei dovuta ritornarci settimana prossima per la correzione di un esame». Ansia nel suo gruppo di amici non ne percepisce. «Un amico che soffre di asma ha qualche pensiero in più — spiega —, ma niente di eccessivo. Sono inserita anche in gruppi sui social in cui ci si mette insieme per i viaggi in macchina, ma non ho visto messaggi di persone impaurite». Il merito è anche di rappresent­anti degli studenti e del rettore. «Ci arrivano continuame­nte messaggi ed email in cui ci viene spiegato come comportarc­i e quali misure precauzion­ali prendere».

A mezz’ora da Codogno, centro del focolaio lodigiano, ha sede Deenova, una società in provincia di Piacenza che sviluppa e fornisce soluzioni per la gestione dei farmaci e dei dispositiv­i medici nel settore ospedalier­o. Un team di otto persone è stanziato nella sede di Trentino Sviluppo da un anno e dalla sede principale arrivano una volta a settimana dei supervisor­i. «Misure e protocolli specifici a causa del coronaviru­s non ne abbiamo presi per il momento – spiega Luca Dall’Olio, direttore dell’area amministra­tiva –. Tutto procede normalment­e».

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In farmacia Sono molte le richieste di informazio­ni

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