Studenti trentini all’università patavina «Tornare? Si vedrà»
TRENTO «La Cina è vicina», recitava il titolo di un film di Marco Bellocchio di qualche anno fa. Ma Padova lo è ben di più. Dopo le recenti notizie che vedono anche il Veneto sede di alcuni casi, di cui uno mortale, di Coronavirus, i circa 100 chilometri che la separano da Trento paiono improvvisamente ridursi. Al tempo stesso l’antica città universitaria si allontana: sono molti i trentini che la frequentano per motivi di lavoro o di studio che ora sono costretti a riflettere su come comportarsi. Nessuna psicosi, ma la necessità di seguire le linee guida, che raccomanda ai trentini di non recarsi nelle zone dove si sono già registrati casi di contagio.
Anna frequenta l’Università padovana e in questo momento è a Trento, conclusi gli esami del primo semestre. «Dovrei tornare giù i primi di marzo per il tirocinio ma non so ancora cosa farò. Ho paura che trovino qualcuno di contagiato in città e chiudano Padova in quarantena mentre io sono giù. Per il momento il governatore veneto Zaia ha chiuso l’Università per una settimana. Se in questa settimana dovessero esserci aggiornamenti gravi riguardo la città dovrei ripensare il da farsi». La paura del virus colpisce anche a distanza e anche le persone che non hanno alcun legame diretto con la città patavina. «Mia sorella voleva accompagnarmi a Padova per andare all’Ikea, ma ora non ne è più convinta». Sospese le gite fuori porta in direzione veneto, si pensa a chi al momento è al centro del ciclone: «Un mio coinquilino che è a Padova in questi giorni mi ha detto che sarebbe andato a fare rifornimento di cibo, ma scherzava».
Un’altra Anna trentina, che di cognome fa Dorna ed è iscritta alla laurea magistrale in ingegneria delle telecomunicazioni all’Università di Padova, non ha paura. «Preoccupata? Assolutamente no. Sono informata e so che è un virus da cui si ha una buonissima probabilità di guarire». E nella città veneta si è detta pronta a rientrare, prima di venire a conoscenza della chiusura precauzionale dell’Ateneo. «Ero là fino a ieri sera e sarei dovuta ritornarci settimana prossima per la correzione di un esame». Ansia nel suo gruppo di amici non ne percepisce. «Un amico che soffre di asma ha qualche pensiero in più — spiega —, ma niente di eccessivo. Sono inserita anche in gruppi sui social in cui ci si mette insieme per i viaggi in macchina, ma non ho visto messaggi di persone impaurite». Il merito è anche di rappresentanti degli studenti e del rettore. «Ci arrivano continuamente messaggi ed email in cui ci viene spiegato come comportarci e quali misure precauzionali prendere».
A mezz’ora da Codogno, centro del focolaio lodigiano, ha sede Deenova, una società in provincia di Piacenza che sviluppa e fornisce soluzioni per la gestione dei farmaci e dei dispositivi medici nel settore ospedaliero. Un team di otto persone è stanziato nella sede di Trentino Sviluppo da un anno e dalla sede principale arrivano una volta a settimana dei supervisori. «Misure e protocolli specifici a causa del coronavirus non ne abbiamo presi per il momento – spiega Luca Dall’Olio, direttore dell’area amministrativa –. Tutto procede normalmente».