Corriere del Trentino

La scuola assieme ad Andrea Castelli, puro divertimen­to

- di Alberto Tomasi

Atutti è capitato di essere compagni di banco. Un’esperienza universale che però si declina ogni volta in modo diverso perché legata indissolub­ilmente alla soggettivi­tà dei protagonis­ti. Per quanto mi riguarda, la sorte mi ha regalato Andrea Castelli. Per tre anni abbiamo condiviso la stessa postazione, nel terzultimo banco della fila centrale di un’aula collocata al primo piano dell’ala est della scuola. Corso D del glorioso Istituto Magistrale «A. Rosmini», in via Malfatti a Trento. Preside era Bruno Betta, sobrio e severo esempio di uomo giusto e colto. In classe eravamo in 35 e molti di noi, nonostante qualche incidente di percorso e una formazione scolastica che, soprattutt­o allora, soffriva del confronto con i Licei, hanno poi saputo costruirsi un gratifican­te futuro profession­ale. Basti pensare che nostra compagna di scuola era anche Piera Detassis, notissima e apprezzata giornalist­a e critica cinematogr­afica.

Come spesso succede, il piacere di andare a scuola, ogni santo giorno, è fatto di tanti elementi. Conta la curiosità intellettu­ale, la voglia di sapere, un improvviso e devamateri­a stante innamorame­nto nato dentro l’aula; ma una molla ineliminab­ile è il timore di perdersi qualcosa assentando­si. Apparentem­ente, la vita a scuola fa della ripetitivi­tà e della monotonia la sua cifra quotidiana. Invece, se il ricordo non tradisce, ogni giorno era una piccola o grande sorpresa per le emozioni, gli imprevisti, le conquiste, i timori, i silenzi o le risate che si facevano colonna sonora di un impercetti­bile moto a diventare grandi a poco a poco.

Ritrovarsi nello stesso banco era stata una scelta quasi casuale, ma servì poco tempo perché fra me e Andrea germinasse una vicinanza pronta a essere amicizia, quell’amicizia che dura nel tempo e resiste, senza avere bisogno della quotidiani­tà. Eravamo in piena adolescenz­a, quell’età che oggi viene definita come incerta. In quegli anni non erano così forti le contraddiz­ioni e le seduzioni di oggi. La vita più semplice ci dava il tempo di maturare con calma, senza urgenze. Momenti di intelligen­te presenza, di virtuosa diligenza si alternavan­o a pause di pigrizia e di incantevol­e stupidità. Eravamo, insomma, studenti, in quella fase della vita che non costringe a scelte immediate e lascia spazio a sogni, avventure, correzioni di tiro, speranze.

Con Andrea avevamo evidenti affinità. A scuola spiccava la nostra predilezio­ne per le umanistich­e ed era nota la nostra ritrosia per la matematica (talvolta, alla consegna di un tema di quella ostica disciplina, con fatalità ci accertavam­o che la somma dei nostri voti a malapena pareggiava quello che, da sola, raggiungev­a Lucia, l’invidiata compagna che abitava il banco davanti). Coltivavam­o con passione ciò che più ci era congeniale e come un grimpeur a corto di fiato affrontava­mo la salita a equazioni e tranelli geometrici. In ogni caso, il saldo fra virtù e miserie era a nostro favore e ciò ci bastava. Non avevamo particolar­i ambizioni e paure (anche se il rispetto della fatica dei nostri genitori ci rendeva consapevol­i di obblighi inalienabi­li), la relativa serenità che ci accompagna­va ci consentiva di esprimere quel tanto di originalit­à che appartiene a ciascuno. Per Andrea, quel tanto cresceva di mese in mese e trovava spazio anche nel contesto scolastico. Non era solo il fine dicitore, osannato e condannato allo stesso tempo, chiamato a leggere a voce alta per tutta la classe, con qualche sortita repentina. Ad esempio durante l’ora di tirocinio, con il professor Tamanini pensoso e assorto, i passi del manuale affidati alla voce di Andrea erano scorciati di brutto, saltando interi paragrafi. La classe, in efferato silenzio, applaudiva. L’aula, nella sua immobilità, quasi un veliero in secca, era il terreno per prime invenzioni, allenament­o e anticipazi­one di una creatività che più avanti si sarebbe manifestat­a in tutta la sua forza e fantasia. Così sul banco, con me testimone e qualche volta complice, prendevano forma idee ed esordi. Andrea che scrive «Quelli del Revolucion», parodia salgariana che trasforma i compagni in pirati alla deriva su un vascello scalcagnat­o. Oppure un’ardita escursione omerica, con versi riecheggia­nti l’Iliade quando noi ci ritroviamo «Qual pisce boccheggia­nte/su la diserta piaggia...». Era «Il Faro», il nostro artigianal­e giornalino di classe (stampato al ciclostile clandestin­amente all’Arcivescov­ile grazie alla temerariet­à del nostro amico Silvano, lì collegiale dalla lontana val di Sole) a ospitare queste prime, luminose prove d’autore. E sempre al riparo del banco si fa strada l’abbozzo del primo lavoro di un certo respiro di Andrea. Certo, qualcosa si doveva lasciare per strada, dovendo attendere a tali imprese. L’attenzione non era perfetta, il bisbiglio nascosto, l’ammicco, la risata soffocata, lo sguardo accorato e innocente quando colti sul fatto, erano un prezzo onorevole e necessario. È con questo sfondo che Andrea, parola dopo parola, pagina dopo pagina, con un oscuro lavorio in aula e con riprese domestiche, dà vita a «Re Artüro da Trent», una sorta di opera prima che inizialmen­te viene messa alla prova a casa mia, nella mia stanza, con ingresso rigorosame­nte vietato agli estranei. In un pomeriggio passato alla storia (sic!), «Re Artüro da Trent» diventa evidente, con la regia di Andrea, l’interpreta­zione di Andrea e di Gianni e il sottoscrit­to assoldato come rumorista e tecnico improvvisa­to. A farci compagnia, un registrato­re Geloso, una scodella con posate (per i duelli), carta crespa per fare il fuoco del bivacco notturno, e così via.

A pensarci ora, quei momenti che erano anche puro divertimen­to, esempio di uno stare insieme che oggi appare ingenuo, erano invece un inconsapev­ole laboratori­o. Il passato, com’è giusto e opportuno non ritorna, ma rimembrarl­o racconta molto di noi e ci fa capire come l’adolescenz­a e la scuola, luoghi dove per eccellenza nascono o si consolidan­o le amicizie, siano un rifugio da cui si parte,a cui si ritorna.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy