Corriere del Trentino

RESTARE CALMI

- di Gabriele Bronzetti

Per la prima volta siamo diventati tutti protagonis­ti di una serie. L’inconfessa­bile vertigine morbosa che ci sfiorava da spettatori ora ci scuote le spalle come attori che devono entrare in scena senza provare. Tutti abbiamo un cellulare e siamo nella rete di internet, che con la sua onniscienz­a è la più accessibil­e rappresent­azione dell’inconscio collettivo teorizzato da Jung. Ci piaccia o meno sentiamo, pensiamo e temiamo tutti insieme come neuroni dello stesso cervello, armati di sinapsi che chiamiamo smartphone.

Diffusori di conoscenza certo, ma amplificat­ori di paura. È un sentire primordial­e nato nelle caverne, tramandato con racconti orali, scritti, poi catodici e ora digitali. Un inconscio forgiato da millenni di paure , di passioni e di fede che abbiamo riversato nei miti, nelle religioni e nelle favole, in quelli che i dotti chiamano archetipi. Uno di questi è la paura di un nemico invisibile, di un virus, che vuol dire veleno. Le storie in fondo non sono che vaccini, trame che ci nutrono a piccole dosi per prepararci alla vita.

Lo smartphone ci ha illusi di essere sceneggiat­ori e registi di un film individual­e che viceversa è subdolamen­te collettivo. Nessun uomo è un’isola ma ognuno vive dentro un chilo e mezzo di gelatina grigia annaffiata dalle carotidi della storia universale. Adesso per esempio siamo tutti nello stesso film: anche chi non conosce Lucia Mondella, non ha mai visto Sophia Loren su di un treno e non ha trepidato per Abby Grant mentre cerca il figlio in un mondo spopolato, sta vivendo una storia che mescola perfettame­nte la peste di Milano del 1630 («I Promessi Sposi»), un thriller catastrofi­co del 1976 («Cassandra Crossing») e una serie TV britannica del 1975 ( «I sopravviss­uti»).

Un virus cinese, il paziente zero, la Lombardia, treni dirottati, l’eccesso di zelo o il negazionis­mo delle autorità politiche e sanitarie, la sfiducia nei medici o l’eroismo di alcuni di loro, la xenofobia e la sinofobia di oggi sono tutte cose già viste in queste tre opere.

Nei «Promessi Sposi» di Alessandro Manzoni, il più grande romanzo storico e il primo esempio di medicina narrativa, viene descritta la peste che colpì Milano e dintorni tra il 1629 e il 1630. Qui i primi casi vennero sottovalut­ati dalle autorità o mistificat­i con nomi diversi dalla peste e attribuiti a febbri malariche. Il popolo senza internet non poteva sapere, tanto che continuaro­no i festeggiam­enti per il carnevale. A un certo punto si individuò il «paziente zero» in tale Pietro Antonio Lovato, che aveva comprato dei vestiti infetti da soldati tedeschi. Il popolo accusò i medici di diffondere voci infondate sulla peste per dare lavoro alla Sanità. Nella provincia di Milano morirono 150 mila persone.

Nel film «Cassandra Crossing» il virus creato per una guerra batteriolo­gica entra in un treno diretto da Ginevra a Stoccolma. Il virus ucciderà solo due persone su 1000; il treno finirà la sua corsa su di un ponte inagibile ma il disastro voluto dalla ragion di stato verrà parzialmen­te limitato da un medico e dall’eroismo di altri passeggeri. I «Sopravviss­uti» è una serie del 1975 che narra di un mondo distopico dove un virus uscito da un laboratori­o cinese uccide il 99% della popolazion­e mondiale. L’effettiva letalità del coronaviru­s è ignota: sembra essere intorno al 23% ma l’epidemia è troppo giovane per poter stilare una statistica; l’influenza spagnola, l’Ebola, la Sars e l’influenza aviaria furono molto più letali. Non si deve vivere nel panico, né all’opposto pensare che si tratti di una comune influenza stagionale, che ha una letalità dell’1 per mille.

Il coronaviru­s ci ha fatto entrare in trame già viste. Ora siamo nella nostra serie vera. Dovremo essere pazienti e indulgenti: chi ci governa e deve decidere farà inevitabil­mente degli errori. Dovrà essere restrittiv­o per non essere accusato di superficia­lità. Per non fare gli errori del Tribunale di Milano nel 1630. C’è un passo struggente nei «Promessi Sposi» quando Renzo incontra il compaesano Tonio obnubilato dalla peste terminale, a fatica lo riconosce . Tonio dirà « A chi la tocca, la tocca». Non possiamo indulgere al fatalismo. In questi giorni senza scuola possiamo rileggere i grandi romanzi storici, trame che vaccinano dalla superstizi­one. Possiamo prendere lezioni domiciliar­i di galateo universale, imparare a tossire con gentilezza. Davanti al mistero lavarsi le mani e mantenere la calma è quanto di più rivoluzion­ario possiamo fare.

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