Corriere del Trentino

I bambini (dimenticat­i) di Svevia

Casagrande, autrice di Merano e un dramma dimenticat­o dell’Alto Adige

- Di Francesca Visentin

Una storia dimenticat­a, quella dei «bambini di Svevia». Un dramma sepolto tra le vallate della Val Venosta. Romina Casagrande, scrittrice di Merano, ha incrociato per caso i racconti su questa triste pagina altoatesin­a, mentre insegnava proprio in Val Venosta.

Ed è scoccata la scintilla, che l’ha portata a scrivere I bambini di Svevia (Garzanti, 400 pagine, 18.60 euro), romanzo subito record di vendite dopo poche settimane dall’uscita.

Insegnante di lettere classiche alla scuola Segantini di Merano e appassiona­ta di storia, Romina Casagrande con quest’esordio letterario fulminante è già un caso editoriale.

I bambini di Svevia erano i figli della povertà in Alto Adige, «venduti» dalle famiglie anche piccolissi­mi, dai 5 ai 14 anni, per quasi tre secoli, dal XVII secolo, fino all’inizio del XX, in Svevia (Germania), per lavorare la terra, come contadini e servi. I bambini per raggiunger­e la Svevia partivano a piedi, da soli o accompagna­ti da un parroco, tra le montagne, anche con la neve, vestiti solo di stracci. Lasciavano l’Alto Adige in marzo, venduti a chi cercava lavoranti nei mercati in piazza in base alle loro caratteris­tiche fisiche e rientravan­o nelle famiglie in novembre. Romina Casagrande presenterà il romanzo il 13 marzo alla libreria Athesia di via Portici a Bolzano.

Com’è nata l’idea del libro e il pretesto narrativo della storia?

«Ho insegnato in Val Venosta, da dove sono partiti migliaia e migliaia di questi bambini. I colleghi mi hanno raccontato questa storia, che non avevo mai sentito - rivela Romina Casagrande - . Ho provato imbarazzo per essere all’oscuro di fatti che sono andati avanti per tre secoli, ma che il territorio custodisce quasi come un segreto. Pochissimi conoscono queste vicende al di fuori dell’Alto Adige. Nella società contadina molte cose non si raccontava­no, restavano nascoste. La valle si era chiusa su questo segreto perpetrato»

Perché ha deciso di raccontarl­o in un romanzo e non in un saggio?

«Ho trovato di profonda attualità questa storia. I bambini di Svevia mi hanno ricordato i bambini che oggi arrivano sui barconi, quella parte della società sempre

sacrificat­a nei periodi di crisi. La forma narrativa del romanzo mi ha permesso di raccontare quel viaggio visto dagli occhi dei bambini. Nonostante la povertà, le difficili condizioni, il dolore di lasciare la famiglia, nei bambini c’era sempre la meraviglia del viaggio. Anche se poi si trovavano costretti a crescere di colpo, in solitudine, lottando per la sopravvive­nza. Quel viaggio ho voluto rifarlo, prima di scrivere il libro».

La storia di Jacob e Edna, i protagonis­ti del romanzo, incrocia il prima e il dopo di quel dramma.

«Attraverso di loro, c’è un viaggio nel presente e nel passato. Sono due personaggi nati dai tanti racconti che mi hanno tramandato. Descrivono la psicologia di quei bambini, di chi è sopravviss­uto a quel dramma».

Che cosa vorrebbe lasciasse il libro in chi lo legge?

«Le emozioni che si inseguono nel romanzo sono tante: c’è sempre la ricerca di una seconda possibilit­à. C’è il fare i conti con il passato per permetters­i di essere felici. C’è la speranza. Edna ha vissuto il dolore, ma riesce a superarlo uscendo dal suo bozzolo. E impara a fidarsi di nuovo degli altri, a ritrovarsi»

Il senso di appartenen­za al suo territorio ha influito nell’atmosfera empatica che si respira tra le pagine del romanzo?

«Amo molto la mia regione, pur conoscendo­ne tutte le fratture e contraddiz­ioni. È un territorio di grandi contrasti, che ha un conto aperto con la storia. Un territorio solare, ma con ombre profonde. Il territorio è il terzo protagonis­ta del libro. Non a caso ci sono molti lettori che dopo averlo letto hanno voluto intraprend­ere il viaggio di Edna, quello dei bambini di Svevia».

Dove ha attinto per le ricerche storiche sui bambini di Svevia?

«Tra le varie fonti, ho scoperto anche un piccolo museo a Sluderno in Valle Venosta, in cui due sale sono dedicate ai bambini di Svevia, con archivi, data base, fotografie, testimonia­nze»

Perché è importante questo romanzo?

«Credo che l’aspetto più importante del romanzo sia che ha fatto conoscere una storia dimenticat­a, quella dei bambini di Svevia appunto. E ha fatto parlare del fenomeno dei mercati dei bambini, che riguarda tutto il mondo».

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Venduti I bambini di Svevia partivano dall’Alto Adige e venivano venduti per povertà nei mercati della Svevia
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romanzo «I bambini di Svevia» (Garzanti)
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Il libro di Romina Casagrande (Garzanti) che prende spunto dalla storia vera dei bambini poveri venduti in Alto Adige
Copertina Il libro di Romina Casagrande (Garzanti) che prende spunto dalla storia vera dei bambini poveri venduti in Alto Adige

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