BORSE DI STUDIO, UNA SCELTA LUNGIMIRANTE
Replica al segretario Uil, Alotti
L’attuale sistema che sovraintende alle borse di studio funziona. C’è stato un aumento dei fondi pubblici.
Nei giorni scorsi su questo giornale il segretario della Uil del Trentino, Walter Alotti, ha criticato l’attuale sistema di erogazione delle borse di studio, che discende dalle scelte assunte dalla scorsa giunta, in particolare su proposta della sottoscritta nel ruolo di assessora all’università. Nel 2017, registrata una situazione italiana preoccupante di significativa diminuzione delle iscrizioni dei giovani all’università e preso atto che tale tendenza, seppur con minor intensità, era presente anche in Trentino, abbiamo messo in campo come Provincia una nuova politica di incentivazione allo studio per i giovani trentini e per le loro famiglie, considerando l’innalzamento del livello di istruzione un fattore necessario per lo sviluppo economico di un territorio. A seguito di un approfondito studio con l’Università di Trento sui dati delle immatricolazioni e con il dipartimento istruzione della provincia sulle scelte di studio terziario dei maturati, nonché di numerosi confronti con le associazioni degli studenti universitari, e infine anche dell’Opera universitaria, abbiamo constudio diviso di mettere in campo alcune azioni: 1) diminuire le tasse di immatricolazione e frequenza dell’Università di Trento; 2) aumentare il livello di condizione economica valido per accedere agli strumenti di diritto allo studio (alloggio e borsa di studio) al fine di concederli a un numero maggiore di giovani; 3) aumentare la cifra erogata per ogni borsa di studio; 4)concedere borse di studio anche a tutti gli studenti trentini che si fossero iscritti in altre università italiane e straniere e pure nei corsi di istruzione tecnica superiore (se non ricevuta dagli atenei di riferimento).
Finanziamenti esclusivamente provinciali, dunque delle tasse dei cittadini trentini, per incentivare la scelta di continuare lo studio dopo il diploma superiore, convinti che questo sforzo dia vantaggio sia ai giovani sia alla competitività della nostra comunità. Dunque si era trattato di un aumento di soldi pubblici per il diritto allo studio, un diritto che la costituzione e la legge italiana riconoscono agli «studenti capaci e meritevoli anche se privi di mezzi», che nel resto d’Italia è a carico dello Stato in compartecipazione con le singole regioni e che invece in Trentino è a esclusivo onere delle casse provinciali. Assolutamente convinti della necessità di aumentare il numero di iscritti trentini allo post diploma, abbiamo voluto promuovere quella scelta, inventando uno strumento finanziario capace di prevedere un aiuto pubblico provinciale rivolto agli studenti trentini che si immatricolano e frequentano con una discreta media qualsiasi università italiana o estera e che siano in una condizione economica media, tale per cui non hanno diritto alla borsa di studio (che pure abbiamo garantito a una platea più larga) ma non sono così ricchi da potersi permettere quella decisione a cuor leggero. A fronte di un risparmio delle famiglie di 50 euro al mese (minimo) nei tre anni finali delle superiori, al momento dell’iscrizione la Provincia concede allo studente una cifra che può essere fino a doppia di quella risparmiata dalla sua famiglia (in base a condizione icef/ isee). Evidentemente per convincere le famiglie a essere lungimiranti e investire sul futuro studio dei propri figli serve un orientamento scolastico e un’informazione chiara e costante ai genitori degli adolescenti.
Misure e benefici risultano essere ancora in vigore anche con la nuova giunta provinciale e certamente è necessario fare una valutazione dei risultati effettivi che oggi simili interventi hanno raggiunto per comprenderne la reale efficacia. In attesa di avere questa risposta dall’attuale governo, provo però a leggere i dati disponibili sull’andamento generale delle immatricolazioni dei giovani trentini, come riportati nell’Anagrafe nazionale degli studenti Miur e nei rapporti dell’Istituto di statistica trentina Ispat, che mi portano a smentire la lettura negativa proposta dal segretario Alotti. Innanzitutto egli non tiene conto della sempre crescente mobilità geografica degli studenti. Negli ultimi 10 anni la tendenza degli studenti a studiare fuori è cresciuta in modo costante in tutta Italia e quindi guardare solo il numero di quanti trentini studiano all’Università di Trento non fornisce un quadro reale della situazione. Ciò anche se si guarda ai numeri del diritto allo studio, visto che la Provincia garantisce a tutti i trentini, anche a quelli che non studiano a Trento, le stesse condizioni, sia per le borse di studio, sia per l’aiuto al risparmio familiare. Risulta dai dati delle fonti predette che gli immatricolati trentini all’Università di Trento o nel resto d’Italia, dall’anno accademico 2015/2016 all’anno 2017/2018 (ultimo dato disponibile) sono aumentati del 20%, mentre la popolazione residente in fascia di età «18 anni» solo dell’ 1,8%. Anche i dati dei laureati sono in crescita e nel 2017/2018 i trentini che si sono laureati (triennale) sono il 30% della popolazione 21 enne. Un dato molto buono che ci pone ai vertici del Paese. Se l’aumento di immatricolati si tradurrà in un pari numero di laureati, si potrebbe arrivare nel 2021/2022 a una percentuale vicina al 34%. È una stima, ma il trend è certamente questo. Dunque, prima di esprimere un generico invito a «urgenti misure diverse», bisognerebbe possedere i dati di lettura della realtà, per capire se quelle messe in campo negli ultimi tre anni stiano dando buoni o cattivi risultati. Chiederò pertanto con un’interrogazione consiliare al nuovo assessore queste risposte e le sue intenzioni in merito.