Donne violate, sole, abusate: il rifugio per le vite sfregiate «Offriamo un porto sicuro»
Rovereto, mille persone accolte negli ultimi 10 anni
Donne che abitano a pochi passi dalla sede e che per anni hanno sofferto silenziosamente, prigioniere di compagni alcolisti, violenti. Donne arrivate da lontano. Donne salvate dalla tratta. Donne transitate per poco, quanto basta per riassemblare i pezzi di sé. Da trentacinque anni la cooperativa Punto d’Approdo offre un rifugio lungo tragitti esistenziali dolorosi, imprevisti. «Il nostro è un porto nel mezzo della tempesta», dice scegliendo l’espediente della metafora il direttore Andrea Gentilini. Sì, perché curate le ferite — reali e simboliche — le donne accolte (quasi mille persone solo negli ultimi dieci anni) s’incamminano nuovamente.
Direttore, partiamo dall’inizio. Come nasce la storia del Punto d’Approdo?
«L’esperienza nasce a metà degli anni Ottanta, a Rovereto.
Anni propizi perché, grazie alla spinta di tanti volontari ma anche amministrazioni attente ai bisogni della popolazione fragile, in poco tempo nascono quasi tutte le cooperative sociali della Vallagarina. Punto d’Approdo nasce dalla spinta di due suore di strada, quelle che la sera uscivano per stare vicine a donne e ragazze in difficoltà. E il primo appartamento diventa così un luogo di sosta per le ragazze madri che a quel tempo erano ancora vittime dello stigma. Come dicevano i nostri fondatori s’è creato un porto sicuro per le navi sorprese dalla tempesta. Ieri come allora diamo tranquillità, serenità e assistenza a donne che hanno bisogno di un aiuto temporaneo, per poi procedere con la navigazione».
Rispetto a 35 anni fa molto è cambiato. Quali sono i bisogni di oggi?
«Aiutiamo le donne allo stesso modo. Abbiamo accolto donne in depressione, cosa che può accadere dopo una separazione burrascosa, donne e ragazze uscite da famiglie disgregate, donne che per anni hanno sofferto in casa, sulle proprie spalle, il problema dell’alcol di un familiare, tema purtroppo diffuso nel nostro territorio. E poi siamo casa rifugio per donne vittime di violenza domestica: abbiamo sempre due posti a disposizione, 365 giorni l’anno. Ecco: quando ci chiedono qual è la nostra utenza rispondiamo che è variegata: dalle ragazze di 18 anni alle donne con figli, dalle donne a un passo dalla struttura ad altre arrivate da lontano. Da quindici anni siamo anche impegnati sul fronte della tratta e della prostituzione: abbiamo una piccola realtà di accoglienza per donne che ce la fanno a uscire dallo sfruttamento».
Con quali strumenti agite?
«Educatori e psicologi innanzitutto che aiutano le donne a far leva sulle proprie forze per superare la difficoltà. Molte sono con noi con i loro bambini e una delle terapie prevede proprio lo stare insieme a loro. Alle attività si aggiunge poi il laboratorio sociale delle Formichine, che ha da poco compiuto dieci anni e permette a tante donne di fare il primo passo verso il mondo del lavoro».
Nella vostra storia quante donne sono state accolte?
«Mediamente settanta persone all’anno, a cui se ne aggiungo circa trenta nei percorsi lavorativi. Mille negli ultimi dieci anni. E di 37 nazionalità diverse, una ricchezza culturale straordinaria».
Il direttore Gentilini Ospitiamo persone, vicine o lontane: in tanti anni abbiamo censito 37 nazionalità diverse. Un patrimonio che ha arricchito tutti noi