Canestrini, lo scienziato che cacciava i batteri
Nei 120 anni dalla morte, l’omaggio al trentino che nell’Ottocento rivoluzionò studi e società Tre convegni e un premio dedicato ai giovani ricercatori ricordano lo scienziato
stato lo scienziato che ha fatto conoscere gli studi di Darwin in Italia e l’amministratore pubblico che ha creato le sale di maternità per le donne meno abbienti. Giovanni Canestrini, trentino, è uno di quegli uomini dell’Ottocento che credeva nella scienza e nel progresso, ma più di altri è riuscito ad abitare mondi diversi e a interpretarli al meglio. Biologo e naturalista, italiano e mitteleuropeo, accademico e consigliere comunale: a 120 anni dalla sua scomparsa, Giovanni Canestrini viene ricordato oggi come una figura straordinaria dell’epoca, capace di segnare in profondità il dibattito pubblico su scienza e società. Nato nel 1835 a Revò (oggi fuso con il comune di Novella) nella Val di Non, in un Trentino ancora parte dell’Impero AustroUngarico, Canestrini si formò a Gorizia e a Merano, per poi laurearsi all’Università di Vienna.
Zoologia, fisiologia, anatomia comparata i suoi ambiti di studi più importanti, che portò nelle cattedre di Modena prima e poi a Padova, città che lo adottò fino alla morte, avvenuta il 14 febbraio 1900. Batteri, acari e ragni, la sua passione, tanto che una serie di specie portano proprio il suo nome. Alla sua figura, l’Associazione Italia-Austria e il Comune di Novella dedicheranno una serie
di conferenze. Si inizia il 13 marzo a Casa Campia a Revò (ore 18): si parlerà del «Canestrini evoluzionista ed eclettico uomo di scienza». A Padova, invece, il 25 marzo l’appuntamento è all’Università di Padova e il 7 aprile nel palazzo comunale.
«Anche se in ambito scientifico la figura di Giovanni Canestrini è da sempre considerata fondamentale – dice Fabrizio Paternoster, alla guida dell’Associazione Italia-Austria – è al grande pubblico che ci piacerebbe farlo scoprire. Per questo la terza edizione del Premio Canestrini, dedicato a giovani ricercatori, questa volta sarà rivolto a tutta la comunità internazionale».
Canestrini ha avuto il merito di far conoscere Darwin in Italia, sapendo di suscitare scandalo.
«Era il 1864: riuscì a far pubblicare il libro di Darwin L’origine della specie, portando gli studi sull’evoluzionismo- spiega Paternoster - . Scoppiò un gran dibattito: dovete immaginare quanto
forti fossero all’epoca le convinzioni creazioniste di stampo religioso. Canestrini segnò e divise così tanto il mondo accademico e culturale italiano che il dibattito si trascinò per decenni. Nel 1901, il consiglio comunale di Revò non riuscì a decidere su come onorare la sua figura. Tra i documenti, c’è un bell’intervento del consigliere Pietro Fellin che chiedeva venisse messa agli atti, a memoria futura, la necessità di riconoscere un giorno la grandezza di Canestrini».
In questo periodo storico di pandemia, quanto risalta la figura di Canestrini rispetto ai suoi studi su batteri, malattie e profilassi?
«I suoi studi batteriologici furono considerati d’avanguardia.
Ma è soprattutto il suo ruolo pubblico che ci appare di grande modernità. Eletto in consiglio comunale a Padova, mise a frutto le sue conoscenze e le tradusse in politiche pubbliche. Si impegnò su due fronti. L’accesso all’acqua salubre e potabile e i programmi d’intervento di igiene pubblica. Inoltre, i suoi studi sulla mortalità infantile lo avevano convinto che bisognasse proteggere le partorienti. E così fece aprire, per la prima volta in Italia, la sala di maternità all’ospedale civile di Padova. Era una misura rivolta prima di tutto alle donne meno abbienti, che più erano esposte ai rischi».
Un progressista?
«Credo che la sua formazione scientifica lo abbia aiutato a sviluppare idee liberali e progressiste, anche se tutte le istituzioni, compresa l’Università a Vienna, avevano una forte impronta cattolica. Fu uno zio molto religioso ad aiutarlo negli studi e a indirizzarlo alla facoltà di filosofia e scienze naturali, che all’epoca erano legate dal punto di vista accademico. Insomma, Canestrini aveva una visione culturale complessa, che lo aiutò molto nell’affrontare i dibattiti che via via si aprivano nella società».
È affascinante anche il suo essere dentro ai due mondi, italiano e austriaco.
«Canestrini fu davvero un figlio della sua terra. Nato in una famiglia di lingua italiana, si rivolse necessariamente all’Austria per studiare e formarsi. Certo, passò il resto della sua vita in Italia e questo fu davvero il suo mondo. Ma prima di tutto era trentino, cresciuto in quel conteso di valle, rurale, con un rapporto con la natura così viscerale. Fin da bambino imparò a esplorare il mondo naturale in cui era immerso, riuscendo poi a unirlo al rigore scientifico e a una forte coscienza sociale».