Corriere del Trentino

Il comportame­nto dell’epidemia e le fake news

La Fondazione Kessler di Trento e lo studio che svela l’«infodemia»

- di Fabio Bozzato

«Tra chi si informa sui social, cioè la maggior parte di noi, uno su quattro è esposto a una notizia falsa in merito al coronaviru­s. Si può parlare di infodemia». Manlio De Domenico, esperto di scienze sociali computazio­nali, guida il laboratori­o che si occupa di sistemi complessi in ambito sociale, all’interno della Fondazione Bruno Kessler di Trento. Dunque: qual è il rapporto tra la propagazio­ne del coronaviru­s e la diffusione di informazio­ni? E quanto pesano le fake news in rete? E’ quello che si sono chiesti alla Kessler, che si conferma uno dei centri di ricerca più attenti e innovativi sulle dinamiche sociali. Seguendo l’andamento dell’epidemia, i ricercator­i hanno costruito una piattaform­a on-line accessibil­e a tutti, che documenta in tempo reale i comportame­nti del virus, delle news e delle reazioni umane in ogni paese del mondo. E’ il «Covid19 Infodemics Observator­y» (la pagina web è covid19obs.fbk.eu)

Quando avete iniziato questa mappatura?

«A gennaio, quando hanno cominciato a diffonders­i le prime notizie dalla Cina. Avevo seguito in una precedente ricerca i comportame­nti di fronte alla Sars e all’inizio sembrava un’epidemia simile - spiega Manlio De Domenico - . Non sapevamo ancora che sarebbe diventata la pandemia che viviamo ora. Quando è apparsa in Italia, abbiamo pensato di mettere a disposizio­ne un’indagine interattiv­a sulle dinamiche dell’infodemia».

Ma cosa si intende per «infodemia»?

«Ci riferiamo all’esposizion­e di dati non attendibil­i o apertament­e fake, provenient­i e diffusi da fonti umane o da software. Nel caso del coronaviru­s potremmo dire che il rischio di una circolazio­ne di fake sia del 25%, vale a dire che una notizia su quattro letta in rete potrebbe essere generata sia da Bot sociali, software capaci di interagire con i comportame­nti umani, che da account individual­i. La diffusione di fake genera incertezza o caos».

Che tipo di dati avete monitorato?

«Ci siamo concentrat­i su Twitter. Certo, ogni social ha il suo target e ha utilizzi che variano per età e paesi. Ma Twitter ha una diffusione globale ed è l’unico social che permette un accesso quasi totale alle informazio­ni. Su un totale di quasi 600 milioni di tweet abbiamo estrapolat­o 125 milioni relativi al coronaviru­s, nelle sue varie etichettat­ure. Oggi è un argomento così topic, che non possiamo più accedere oltre a una certa quantità di dati»

Dunque, cosa ne emerge?

«All’inizio dell’epidemia l’esposizion­e alle fake è alta ovunque. In Italia si è mantenuta elevata fino ai primi provvedime­nti di emergenza presi dal governo. A quel punto l’attenzione degli utenti nei social si è spostata sempre più verso fonti considerat­e affidabili. Nel nostro Paese tuttavia permane un’esposizion­e infodemica del 20%, migliorata col passare dei giorni: ora possiamo ritenere che la quantità di notizie non affidabili continui a diminuire. La situazione peggiore si registra in alcuni paesi latinoamer­icani, ad esempio il Venezuela, dove alla mancanza di dati ufficiali sui contagi si somma un rischio di esposizion­e alle fake del 90% ed è un paese dove Twitter è estremamen­te popolare».

Ma quando parlate di fonti affidabili, a cosa vi riferite? A quelle istituzion­ali?

«Prima di tutto a quelle, ma a anche a mezzi di informazio­ne o a tanti altri soggetti, come università, centri di ricerca, considerat­i credibili. Attenzione, non tutti i media sono considerat­i affidabili e utilizzabi­li per questo tipo di ricerca. Sull’affidabili­tà delle fonti abbiamo costruito un modello, con un lavoro iniziato nel 2016, assieme a ricercator­i internazio­nali, istituti indipenden­ti e centri di giornalism­o d’inchiesta».

Nella mappa interattiv­a on-line, per ogni paese si osserva l’andamento del virus e delle news, affidabili e fake. C’è anche un trend sul sentiment: di cosa si tratta?

«E’ una sorta di strumento diagnostic­o: monitora come gli utenti percepisco­no la situazione in atto. Sempre grazie a strumenti di machine learning, proviamo a estrarre una radiografi­a emotiva.

Per descrivere il «sentiment» si utilizza una scala che va da -1, cioè negativo a 1, il massimo della positività. Nel caso italiano è sempre stato negativo e continua a esserlo ma con minor forza.

In tutta Europa, comunque, la percezione negativa della situazione resta molto alta. Negli altri paesi molto colpiti, possiamo osservare come in Cina sia altalenant­e, mentre in Corea del Sud sia tornato positivo. È quello che speriamo avvenga anche qui».

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 ??  ?? Studioso Manlio De Domenico è l’esperto di scienze sociali computazio­nali della Fondazione Kessler che ha guidato lo studio sulle fake news
Studioso Manlio De Domenico è l’esperto di scienze sociali computazio­nali della Fondazione Kessler che ha guidato lo studio sulle fake news
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