Scuola, lezioni via web Meglio stare in classe
Le voci degli alunni «reclusi» in casa I maturandi: «Siamo preoccupati per l’esame, speriamo prevedano una forma più facile»
«Non è la stessa cosa, meglio stare in classe». Gli studenti delle superiori, alle prese con la didattica online, rimpiangono la normalità.
TRENTO «Non è la stessa cosa». Seguire una lezione in classe o dalla propria cameretta, «cambia tutto». Gli studenti delle superiori sono alle prese con la didattica online e, strano a dirlo, si rimpiange la campanella, la regolarità, l’occhio dell’insegnante sulla classe: «Io preferirei essere a scuola — ammette Niccolò Pisoni, al primo anno del Da Vinci — anche perché cinque ore davanti a uno schermo sono davvero pesanti». Gli manca la sua classe: «Manca la normalità, fatta anche di battute, di rimproveri della prof, di complicità tra i compagni. Manca anche la spontaneità, perché dal vivo viene spontaneo interrompere per una domanda, per una specificazione, mentre online le domande non ti vengono nemmeno. È tutto un po’ monotono».
Una lezione frontale, il volto dell’insegnante in primo piano, non entusiasma: «Ma devo dire che tutti i nostri insegnanti stanno facendo uno sforzo notevole, si vede che ce la stanno mettendo tutta per aiutarci», assicura Niccolò. «Le lezioni sono meno ma più intense e ci vengono assegnati compiti anche per aiutarci a sopportare la noia dell’isolamento forzato».
Lara Delvai è al quinto anno del Tambosi e anche lei usa parole di apprezzamento per i suoi insegnanti: «Preparano le lezioni video, e dopo alcuni problemi iniziali ora sembra che tutti abbiano superato le difficoltà. Ma in video ci sono più distrazioni, è più difficile rimanere concentrati». Più stimolanti le videochiamate con le amiche: «Le uso anche per contattare le mie compagne di classe, non solo per passare il tempo ma anche per fare i compiti che ci vengono assegnati. E un po’ siamo preoccupate — ammette — perché ci sono gli esami e non sappiamo cosa succederà. Alcuni dicono che saranno soltanto orali oppure che ci saranno soltanto i prof interni. Ma non si sa nulla per certo».
Anche Lorenzo Brugnara è preoccupato per la maturità.
Lui fa il Da Vinci: «Speriamo che dal ministero facciano modifiche, la facciano più facile, perché è ovvio che tutto il programma non è possibile approfondirlo in questo modo». Online si fanno le lezioni ma anche le interrogazioni: «Martedì ho quella di storia. Durante le lezioni, video e audio degli studenti rimangono spenti ma per l’interrogazione a turno si aprono cam e microfono e ci si interfaccia direttamente con l’insegnante. È strano». Come tutti, anche Lorenzo usa la tecnologia per il «dopo-scuola»: «Sì — ammette — ho riscoperto le videochat per “uscire” con gli amici: anziché fare un giro al parco ci si incontra online». Ma non è sempre così semplice, perché tutti a casa hanno bisogno di collegarsi con il mondo esterno: «Le videochiamate le deve fare anche mia sorella, e mia madre che è un’insegnante deve fare lezione, e mio padre che lavora da casa con il computer. Tutti dentro casa, tutti online. No, non è semplice».
E non è semplice nemmeno per Andrea Cristan, al quarto anno del liceo musicale. «Per noi è più complicato perché oltre alle normali lezioni ci sono quelle che attengono all’indirizzo specifico. Facciamo delle registrazioni, ci vengono dati compiti di armonia. Ma c’è una bella iniziativa che voglio segnalare: i nostri insegnanti ogni giorno a mezzogiorno sulla pagina
Niccolò Pisoni Preferirei essere a scuola anche perché cinque ore davanti al video sono davvero pesanti
Andrea Cristan Il tele-studio, una volta alla settimana, potrebbe essere mantenuto per ridurre l’inquinamento
Facebook del Conservatorio eseguiranno un brano, per incontrarsi con la musica in questo momento particolare che coinvolge tutti». Andrea sembra essere positivo per natura, guarda al futuro: «Siamo stati obbligati a imparare un nuovo modo di fare lezione, di stare a scuola. Teniamone conto, perché quando tutto sarà finito sarebbe bello che oltre al tele-lavoro si promuovesse anche il tele-studio, per limitare gli spostamenti, per ridurre l’inquinamento. Basterebbe un giorno alla settimana per fare la differenza».