«I medici sono a rischio, non siamo eroi ci servono protezioni»
Mascherine carenti e in via di rifornimento, Ioppi laconico: «I professionisti sono preoccupati Ognuno faccia la propria parte senza esporli»
TRENTO La voce si spezza quando ripensa alle telefonate delle colleghe e dei colleghi. Medici, certamente. Ma anche e soprattutto madri, padri, figli che evitano contatti con i propri cari per evitare di esporli a un virus che ha fermato, per la prima volta nella storia della Repubblica, un Paese intero. «Ci sono dottoresse che da sette-otto giorni hanno lasciato i figli dai nonni e non li vedono per proteggerli», ripete Marco Ioppi commosso. Il presidente dell’Ordine dei medici sa che questo non è il tempo della polemica. «Non si prendano le mie parole come un intervento a gamba tesa», premette. Ciò detto l’appello è tranchant: «Le istituzioni facciano qualcosa, subito, per proteggere il personale sanitario e non metterlo a rischio». Mascherine, occhiali, tute, gel igienizzante. «Non ci serve la retorica degli eroi, non lo siamo affatto — spiega — Ci serve piuttosto una risposta concreta». E soprattutto il recepimento totale delle direttive volte a sospendere tutte le attività ambulatoriali e gli interventi non urgenti che mettano a rischio la salute di medici e infermieri. «Altrimenti non avremo le forze per governare i numeri che ci aspettano perché avremo personale infetto».
Presidente, la Provincia ha annunciato di aver effettuato degli ordini perché qui come nel resto d’Italia scarseggiano i dispositivi di protezione per i sanitari.
«Non voglio dare la colpa ad alcuno, ma c’era tutto il tempo per avere un deposito pieno di dispositivi di protezione personale. Medici di qualsiasi livello mi chiamano seriamente preoccupati: per deontologia non possono rifiutare visite e prestazioni, tuttavia è dovere delle istituzioni e della società intera far
Il sacrificio Ci sono medici che hanno lasciato i figli dai nonni per non contagiarli, non li vedono da giorni e giorni
sì che non vengano contagiati perché se ammaliamo il personale sanitario non avremo più nessuno che potrà curarci. È chiaro? Se vogliamo un servizio sanitario che funzioni dobbiamo assolutamente e prioritariamente prendere con serietà ciò che accade».
Quindi sia mascherine, occhiali, tute protettive ma allo stesso modo rispettare le direttive governative e contenere gli sposamenti. Quindi la responsabilità è anche nelle mani dei cittadini?
«I dispositivi di protezione individuale sono carenti e ormai razionati. Il risultato è che i medici visitano in condizioni rischiose. Anche nei loro confronti è necessario applicare con rapidità le direttive arrivate ieri (venerdì, ndr): ovvero far sì che le strutture sanitarie e ambulatoriali siano convertite solo per le urgenze. In questo modo, tra l’altro, il personale non è caricato della routine e può essere dirottato nella gestione dell’emergenza. Oggi siamo preoccupati, molto. E non solo per noi, ma per i nostri familiari. Siamo umani. C’è chi ha lasciato i figli dai nonni e non li vede da giorni e giorni. Sono sacrifici che non possono essere dimenticati. Il mio è un appello».
Rivolto a chi, presidente?
«Alle istituzioni, affinché non perdano tempo. Perché i dispositivi di protezione devono esserci, celermente. Un medico senza protezione rischia di infettarsi e non possiamo permettercelo. Ma mi rivolgo anche ai cittadini: sappiamo che andiamo incontro a momenti tremendi, terribili. Se tutti non ci impegniamo rischiamo di complicare ancora il quadro».
Le sanzioni continuano perché c’è ancora chi sgarra. Anche ieri il governatore Maurizio Fugatti s’è rivolto ai cittadini affinché rispettino le direttive sugli spostamenti.
«Forse se c’è chi oggi non segue le direttive è perché non ha capito fino in fondo la gravità della situazione. Ora mi auguro che questo atteggiamento cambi. È anche una forma di rispetto verso i tanti medici esposti all’infezione. Non siamo eroi, questa retorica non serve a niente. Servono azioni concrete. Altrimenti non avremo le forze per governare i numeri che ci aspettano».