Vinitaly, rivolta delle cantine «No all’ipotesi di giugno»
Molti produttori chiedono il rinvio al 2021. Si deciderà il 3 aprile
TRENTO Vinitaly, la fiera internazionale del vino di Verona che l’ente fiera ha deciso di spostare da aprile a giugno, non s’ha da fare. Questo, almeno, è il sentiment di gran parte dei produttori, alcuni dei quali lo hanno messo anche per iscritto, facendo scoppiare il caso. Si tratta della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), che raggruppa in Trentino tutti e sessanta i vigneron del consorzio Vignaioli del Trentino e in Alto Adige 86 cantine come Haderburg, Dipoli, Loacker. La richiesta, presentata il 10 marzo durante il confronto tra VeronaFiere e i presidenti di filiera, arriva per l’effettiva difficoltà delle cantine a conduzione familiare di essere fisicamente presenti nelle nuove date (14-17 giugno), periodo in cui il lavoro in vigna è tanto, ma anche per la situazione di emergenza che coinvolge in questo momento non solo il nostro Paese, bensì anche altri Stati europei e del resto del mondo.
«Ci siamo confrontati internamente sulla questione di un Vinitaly a giugno – dichiara la presidente di Fivi, Matilde Poggi — e la maggioranza dei 220 vignaioli che avevano già dato adesione alla fiera si è detta favorevole a uno slittamento al 2021. Fivi è stata l’unica associazione tra le presenti al confronto con Verona Fiere che ha presentato questa posizione». Una presa di posizione che ha innescato un acceso dibattito e anche Federvini si è unita a questa richiesta invitando Vinitaly «a ripensare l’evento in una modalità diversa, compatibile con il mutato scenario globale. Anche in Trentino Alto Adige si segue la stessa linea».
Elisabetta Donati, alla guida dell’omonima cantina di famiglia famosa per le sue interpretazioni di Teroldego Rotaliano, non ha dubbi: «Il Vinitaly è assolutamente da rimandare al prossimo anno perché, dopo una situazione nuova e tragica come quella che stiamo vivendo, rappresenterebbe solo un ulteriore costo per le aziende, senza dare alcuna opportunità: dubito che gli operatori esteri a giugno saranno propensi a venire fisicamente in Italia, e dubito che anche gli operatori italiani avranno tempo per ascoltare le nostre proposte in un momento in cui la loro unica preoccupazione sarà quella di far ripartire la loro attività». Di questa idea anche Roberta Giuriali Stelzer di Maso Martis, che quest’anno al
Vinitaly avrebbe partecipato solamente — e per la prima volta — a Operawine, il prestigioso evento che precede Vinitaly nato grazie dalla collaborazione tra Veronafiere e la famosa rivista americana Wine Spectator, che ogni anno seleziona 103 produttori ritenuti i migliori d’Italia, così come il presidente del Consorzio vini del Trento, Pietro Patton: «In consiglio d’amministrazione non ne abbiamo ancora parlato, ma ritengo ragionevole rimandare al 2021 Vinitaly».
Ma che il Vinitaly si faccia o no (il direttore generale di VeronaFiere, Giovanni Mantovani, ha fatto sapere che una decisione definitiva verrà presa dopo il 3 aprile), sono in molte le realtà che comunque hanno deciso di disdire la loro partecipazione. E anche il Consorzio Vini Alto Adige è propenso a non aderire: «Ne abbiamo parlato in comitato direttivo — spiega il vice presidente Martin Foradori Hofstatter — e la nostra linea è che non ci sembra il caso di partecipare a Vinitaly. A giugno avremo altri problemi, la nostra clientela del canale horeca avrà altre priorità che venire in fiera e lo stesso varrà per gli operatori esteri. Il 2020 sarà un anno di reset per tutti. Vinitaly dovrebbe prendere esempio da Prowein, che fin da subito ha deciso di rimandare l’evento al 2021».
Foradori Hofstatter Sarà un anno di reset e poi potremo ripartire
Poggi Fivi l’unica al confronto con Verona Fiere che ha detto di slittare