I NODI VENGONO AL PETTINE
Non educhi all’indifferenza, al godimento, al di più è meglio, al tutto è vero tutto è falso, alla scienza è uguale alla magia e all’oroscopo, ai diritti senza limiti, al mi sento vivo se consumo, al prima di tutto io, intere generazioni, per poi stupirti dell’incapacità di affrontare un problema come il coronavirus con senso di responsabilità. Per non parlare dell’arroganza e dell’aggressività come valore. Quante volte abbiamo sentito dire di un bambino che non è abbastanza aggressivo? Dove, evidentemente, l’aggressività è ritenuta un valore positivo a cui tendere. Il virus, aggressivo lo è, e vorremmo che non lo fosse, scoprendo che cosa è davvero l’aggressività. Come ci siamo comportati quando ci è stato ammannito per anni il mantra del successo a ogni costo?
Dimenticando che quello che è totale ed eccellente non può essere migliorabile, perché è già perfetto. E guarda un po’, in latino perfetto vuol dire morto.
Come abbiamo reagito quando la parola «pubblico» è diventata una brutta e disdicevole parola? Come mai abbiamo rimosso, in quel tempo lungo e durissimo per chi non la pensava come la maggioranza, l’attenzione a tutto ciò che è pubblico, cioè di tutti, trascurando il fatto che il bene pubblico è la condizione del bene individuale. Sono tutte questioni, o nodi, che, come si suol dire, vengono al pettine. A livello locale si pensi solo al valore di futuro insito nella forma cooperativa di società e di economia. Una forma in cui le vocazioni territoriali, la cultura, la produzione, il mercato e la solidarietà erano fuse, in una formula del tutto originale, che tra l’altro combinava etica ed economia. Mi accorgo di usare l’imperfetto e lo lascio, lasciando a noi tutti di comprendere perché. Quando, per una convention di una realtà cooperativa trentina, ho avuto a che fare con il premio Nobel Paul Krugman che avrebbe tenuto una relazione per l’occasione, ho raccolto il suo interesse e la sua attenzione per il mondo cooperativistico mi ha detto espressamente, in piena crisi finanziaria, che quella era la via per il futuro. Anziché curarne l’evoluzione sono state fatte altre scelte. Oggi un altro premio Nobel, Joseph Stiglitz, dice: «Le regole dell’economia di mercato devono essere cambiate. Bisognerebbe dotarsi di regole che rompano i monopoli, che prevengano gli squilibri tra lavoratori e giganti del mercato, bisognerebbe costruire l’azione collettiva, a partire da quella dei governi, e protezioni sociali. Di fronte a una crisi di questo genere tutti guardiamo ai governi nazionali e non al mercato. Il capitalismo come lo conosciamo oggi ci ha reso incapaci di rispondere a una sfida del genere. Ma penso che la stragrande maggioranza degli americani si renderà conto delle responsabilità di un presidente e di un’amministrazione indecenti, che negano il ruolo della cooperazione». «Alla fine ci metteremo insieme a cooperare», conclude Stiglitz. Vogliamo ascoltarlo, auspicando che siamo disposti a imparare nuove vie per vivere insieme in un mondo di comunità in una rete globale, dove l’economia sia per l’uomo e non viceversa.