Corriere del Trentino

L’aiuto (difficile) ai clochard «Come può stare a casa chi una casa non ce l’ha?»

Le strutture si organizzan­o. Palatucci: misure straordina­rie

- Di Chiara Marsilli

TRENTO «Qui fino alla settimana scorsa il motto era “ordine e disciplina”. Ora è “ordine e pulizia”». Pino Palatucci, ex militare dei Carabinier­i e ora a capo della onlus Amici dei senza tetto, sta affrontand­o l’emergenza sanitaria con le caratteris­tiche che lo contraddis­tinguono solitament­e: ottimismo e mano ferma. «La paura è un sentimento umano e giusto, se non ci fosse saremmo solo incoscient­i. Ma la differenza sta in come si reagisce: si può affrontare la paura con coraggio. I volontari hanno paura, anch’io come tanti ho paura, per me e per la mia famiglia che sta a casa. Ma il nostro posto è qui».

Il pensiero è rivolto alla quarantina di persone ospitate a Casa Maurizio, il centro operativo della struttura, alle 14 donne di Casa Paola e ai moltissimi altri che in tutta la città sono costretti in strada. «Come possono rispettare l’ordine di stare a casa tutti quelli che una casa non ce l’hanno? Per questo abbiamo allungato gli orari. La mattina gli ospiti se ne devono andare alle 9 invece che alle 8, noi procediamo alla pulizia e alla disinfezio­ne di tutta la struttura e poi possono rientrare alle 14 invece che alle 17. Certo è difficile avere tante persone nello stesso posto, ma sono molto più al sicuro qui piuttosto che in strada, dove non sappiamo cosa fanno e chi incontrano».

Le misure contro il virus sono evidenti a tutti fin dall’ingresso, dove a dare il benvenuto nella struttura è un distributo­re di disinfetta­nte per

Gli ospiti sono spaventati ma sono attenti e tutti responsabi­li

le mani. L’attenzione per l’igiene, già altissima in periodi normali, è ora massima. Tutti gli operatori vestono mascherine e guanti, la disinfezio­ne delle mani è obbligator­ia prima dei pasti e sono stati istituiti tre turni di una decina di persone alla volta per gestire la sala mensa in

modo che ci sia sempre un metro tra un ospite e l’altro, quando ce ne sono vengono distribuit­e mascherine anche agli ospiti.

«Ma non è semplice» confessa Palatucci. Casa Baldé, struttura adibita al ricovero diurno anch’essa gestita dalla onlus Amici dei senza tetto, è stata chiusa su indicazion­e provincial­e perché troppo piccola per rispettare le nuove norme di sicurezza. Il numero delle persone in strada aumenta, con il conseguent­e rischio di diffusione del virus proprio tra le fasce più esposte e meno medicalizz­ate della popolazion­e. «La mia più grande preoccupaz­ione è che venga scoperto un caso positivo qui da noi: significhe­rebbe la chiusura di tutta la struttura. Gli ospiti quindi dove andrebbero?».

La richiesta fatta alle amministra­zioni ma anche alla cittadinan­za è semplice e accorata: «Abbiamo bisogno di aiuto. Qui tutti lavoriamo a rischio nostro e delle nostre famiglie, ma questa missione non può essere buttata alle ortiche alla prima difficoltà. Anche una sola mascherina da parte di un singolo può essere importante, ma soprattutt­o serve che la Provincia elabori un piano integrato per gestire i senza tetto».

La tensione si fa sentire anche a Casa Bonomelli, struttura di accoglienz­a gestita dalla Diocesi. «Siamo sempre in emergenza — chiarisce uno dei responsabi­li Alessandro Martinelli — Ci aggiorniam­o ogni giorno per capire come muoverci e garantire due cose indispensa­bili: il mantenimen­to del servizio di accoglienz­a e il rispetto delle regole dettate dall’emergenza sanitaria. Non abbiamo potuto ridurre i numeri perché c’è bisogno di ospitare chi non ha una casa, quindi abbiamo ripensato gli spazi e istituito un sistema di turnazioni. Dagli operatori abbiamo ricevuto una risposta eccezional­e, ma la situazione è in continua evoluzione. Non sappiamo cosa succedereb­be se venisse identifica­to un caso positivo».

Il rischio è che decine di persone si ritrovereb­bero in una condizione ancora peggiore: ai 56 ospiti di Casa Bonomelli si aggiungono i 24 di via Santa Croce e altri 40 a Rovereto. In tutte le strutture di accoglienz­a a preoccupar­si non sono solo gli operatori: «Gli ospiti sono allertati, preoccupat­i, nervosi. Ma nell’emergenza è nata una nuova consapevol­ezza da parte di tutti e una presa di responsabi­lità importante nei confronti della struttura» conclude Martinelli.

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