In rianimazione tra paura e impegno
Il direttore di Trento: «Occupati 9 letti, altri posti nelle sale operatorie. Il farmaco anti-artrite c’è» L’analisi del primario Penzo «Qualcuno di noi infetto ma si va avanti a testa bassa I malati? Polmonite insidiosa»
«Anche qualcuno di noi si è ammalato, ma andiamo avanti a lavorare a testa bassa», racconta il direttore di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Trento. «Potremmo riconvertire alcune sale operatorie per recuperare altri letti di terapia intensiva».
TRENTO Un po’ funambolo un po’ manager multitasking, comunque molto più di un medico. Daniele Penzo, direttore di anestesia e rianimazione 1 e 2 dell’ospedale di Trento mai avrebbe immaginato di dover gestire, insieme, tante emergenze: trovare nuovi posti letto «magari riconvertendo parte delle sale operatorie», seguire i pazienti, 9 a ieri, e tenere alto il morale di un reparto cruciale nella bufera Covid-19 che imperversa anche in Trentino. Perché la paura c’è. «Sì qualcuno sì è ammalato, ma testa bassa e si va avanti».
In Trentino c’è stato un aumento da 33 a 75 posti letto di terapia intensiva. A Trento quanti posti ci sono e quanti sono occupati?
«Abbiamo 5 pazienti affetti da Covid-19 in rianimazione 1 e 4 pazienti sempre Covid-19 in rianimazione 2. Sabato siamo riusciti a riconvertire, in tempi cinesi, l’area dedicata a ortopedia in area critica con 9 posti letto strutturati da terapia intensiva che, per ora, sono liberi: del resto noi a Trento siamo l’unica realtà che è in grado di far fronte anche alle emergenze di natura neurochirurgica e cardiochirurgica, per cui io ho posti letto disponibili anche a tal fine, perché purtroppo le altre patologie non sono andate in ferie. Per fare questo si applica un isolamento a coorte»
Ossia?
«Si individuano delle zone che possono essere separate totalmente dal resto della terapia intensiva» .
E se i posti non bastassero nemmeno così?
«Diciamo che il dottor Penzo sta affrontando anche altre possibilità, come la riconversione di una quota di sale operatorie per poterci ricoverare pazienti critici Covid-19; dopodiché insieme alla direzione sanitaria stiamo valutando altre aree che potessero essere riconvertibili, ma uno dei problemi è che quando si parla di letti di terapia intensiva si parla di unità complesse, che comprendono il letto, il ventilatore, l’apparecchio di monitoraggio. Valuteremo
anche un’ulteriore contrazione degli interventi chirurgici, già ridotti: sono garantiti ovviamente gli interventi per urgenze e cesarei».
Vi aspettate un aumento dei pazienti Covid-19?
«Diciamo che la speranza è che invece dell’onda alta dello tsunami ci sia l’onda lunga: quello di cui abbiamo bisogno è che non arrivino 100 pazienti a giornata. Noi, diversamente da quello che è successo in Lombardia, dovremmo capitalizzare le misure draconiane adottate».
Che clima si respira, dottore, in corsia?
«In questo momento tutto il personale medico, infermieristico, gli operatori sociosanitari (oss), i servizi di supporto tecnico amministrativo, l’ingegneria clinica stanno lavorando in modo che dà testimonianza di quanta capacità di collaborazione ci sia: tutti vanno oltre i propri limiti»
Ma c’è paura?
«Siamo preoccupati, sappiamo che essendo parte del gioco qualcuno di noi può ammalarsi: e questo è un problema sia per la nostra salute che in termini di assistenza ai malati; siamo tuti indispensabili. E quando qualcuno comincia a ammalarsi sul clima non fa bene».
Ed è successo?
«Sì, qualcuno si è ammalato: però cerchiamo di tirarci su e andare avanti. Noi stiamo adottando tutte le misure, utilizziamo la mascherina chirurgica ma la certezza matematica di non contrarre il virus non c’è. Certo il clima è alterato anche da cose che si sentono nelle regioni vicine, ho molti colleghi che vengono dalla Lombardia, che sono a contatto con la loro
La mia giornata inizia idealmente alle 7, ieri sono uscito alle 21.30. Ma anche da casa si continua a restare in contatto coi colleghi: non ho mai visto tanta collaborazione
famiglia e le notizie da lì sono drammatiche. È un aspetto che influisce sullo stato di tensione perché tutti si aspettano che possa accadere una cosa simile, perché ciascuno ha la propria famiglia anche se la maggior parte sta andando avanti a testa bassa».
Quanti siete in reparto?
«Siamo 64 medici, 150 circa tra infermieri e oss; ora siamo in un’organizzazione clinica ottimale, stiamo dando cioè risposte identiche a quelle che davamo prima. Io personalmente sto cercando nel mio ruolo soluzioni organizzative alternative».
A che ora inizia e a che ora termina la sua giornata?
«Inizia idealmente alle 7, ieri sono uscito alle 21.30 sentendomi per telefono anche quando sono arrivato a casa. Lavoro qui ma la mia famiglia è a Venezia, quindi quando torno non mi faccio grandi menu: e se c’è bisogno, come nei giorni scorsi, ci si sente anche di notte».
Veniamo ai vostri 9 pazienti: avevano patologie pregresse?
«L’età media è tra i 65 e 70 anni dei pazienti che sono ricoverati da noi, il 50 per cento ha qualche comorbidità (presenza di una o più patologie, ndr) lieve ma sono pazienti che una volta intubati e assistiti rispondono bene alle misure di ventilazione; i più vulnerabili in termini di mortalità sono i pazienti anziani con molteplici comorbidità: ma questo vuole rassicurare e, non certo un atto di cinismo della categoria medica. Anzi le misure draconiane sono state adottate proprio per proteggerli; abbiamo però anche un uomo di 46 anni».
Senza patologie pregresse?
«Non ha significative comorbidità, ma è obeso: però è chiaro che anche i soggetti più giovani devono fare attenzione. Anche se sono quelli che rispondono meglio alle terapie, finire in terapia intensiva significa fare tra le 2 e le 4 settimane in reparto. E poi si passa alla semintensiva: e questo è un problema anche per le strutture sanitarie. Questa polmonite non è come quella batterica che passa in dieci giorni».
Come li curate i vostri pazienti?
«La terapia è basata sull’impiego di antivirali e antinfiammatori»
E il famoso farmaco antiartrite usato a Napoli?
«Ora lo abbiamo a disposizione e siamo autorizzati a utilizzarlo, ma secondo le indicazioni della letteratura scientifica».