Corriere del Trentino

Marzo, già 175 nati: la vita non si ferma

Il primario di neonatolog­ia Tateo «Meno controlli e dimissioni in anticipo In sala parto unica eccezione per il papà»

- Chiara Marsilli

La vita non si ferma, nemmeno in pandemia. Mentre l’attenzione dei media e della medicina è giustament­e rivolta all’infezione di coronaviru­s che in Italia e nel resto del mondo sta colpendo un numero sempre crescente di persone, la natura procede il suo corso. Dal primo marzo a ieri, nei giorni in cui si è assistito alle prime avvisaglie di emergenza fino all’attuale stop decretato dal ministero, in Trentino sono nati 175 bambini: 107 a Trento, 40 a Rovereto, 17 a Cles e 11 a Cavalese. Il dottor Saverio Tateo, primario di ostetricia e ginecologi­a all’ospedale Santa Chiara di Trento, è in prima linea nella gestione di questa particolar­e situazione.

Come state vivendo questa emergenza coronaviru­s dai corridoi del reparto ostetricia e ginecologi­a?

«Stiamo ricalcolan­do l’attenzione, il focus di tutto dovrebbe essere la prevenzion­e della malattia. Questo naturalmen­te è già in atto in tutti i settori, noi ci stiamo concentran­do in particolar­e su quello che possiamo fare per prevenire l’interazion­e tra le donne in gravidanza e il virus».

Ostetricia è uno dei pochi reparti, insieme a oncologia e traumatolo­gia, che continua la sua attività nonostante lo stato di emergenza. Che strategia logistica state seguendo?

«Abbiamo mantenuto le attività fondamenta­li, tra cui i controlli delle gravidanze a rischio, all’ospedale Santa Chiara di Trento, ma dove possibile operiamo una razionaliz­zazione. Dove è possibile evitare un accesso lo facciamo, valutiamo e riduciamo al minimo le visite in ospedale. Nel momento del parto invece consideria­mo anche l’aspetto psicologic­o: se in tutti gli altri casi, anche per le operazioni chirurgich­e, l’accesso all’ospedale è permesso solo all’assistito senza accompagna­tori, per il parto ammettiamo la presenza di una persona, tipicament­e il marito o il compagno. Sono invece vietate le visite da parte di parenti e amici».

Altre conseguenz­e?

«In tutti i punti nascita del Trentino abbiamo notato che la permanenza della madre con il bambino è molto ridotta. In molti casi stare a lungo in ospedale dopo la nascita può non servire, e anzi in questo caso può essere un casa di ulteriore esposizion­e. Molte mamme, se in buone condizioni, si rendono disponibil­i a tornare a domicilio il prima possibile».

Le donne incinte devono temere di più il coronaviru­s?

«Non sappiamo molto di questa nuova infezione, ma i dati dimostrano che la suscettibi­lità per le donne in gravidanza non è superiore al resto della popolazion­e. In caso di una donna incinta e positiva al tampone, il virus non si trasmette dalla madre al bambino né nel corso della gravidanza né al momento del parto. Inoltre nell’evento specifico del parto non ci sono ulteriori rischi particolar­i legati all’infezione. Per questo dobbiamo continuare a focalizzar­ci sull’igiene e su tutto quello che riduce le probabilit­à di contatto tra gli infetti e i non infetti».

Ci sono casi di donne incinte e infette?

«Abbiamo intercetta­to due casi di gravidanze in corso positive al coronaviru­s. Le donne sono a casa e stanno bene. In entrambi i casi mancano ancora molte settimane o mesi al termine, quindi probabilme­nte entrambe partoriran­no quando l’emergenza sarà terminata. Come già detto, il virus non colpisce le donne incinte più di quanto non faccia con il resto della popolazion­e. Ogni anno in Trentino abbiamo circa 4000 parti, quindi possiamo immaginare che in questo momento ci siano in atto altrettant­e gravidanze a vari gradi di sviluppo».

Occuparsi di vita quando in tutto il mondo l’attenzione è focalizzat­a sulla morte è una sfida non solo profession­ale ma anche personale. Come state vivendo questo periodo?

«Per me, ma anche per molti miei colleghi, prevale non tanto l’aspetto della nascita, che pur rimanere una parte fondamenta­le del lavoro, ma quello di medicina generale. Siamo consapevol­i che in un momento difficile come questo c’è bisogno di molta consapevol­ezza e da questo punto di vista abbiamo registrato una forte responsabi­lità anche da parte delle pazienti. C’è stata una forte riduzione di donne che si recano al pronto soccorso per chiedere chiariment­i: è giusto che una donna in gravidanza venga sempre presa in consideraz­ione, ma ora vengono utilizzati percorsi più consoni».

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Un bambino appena nato in un reparto di neonatolog­ia: sono 175 quelli nati da quando è partita l’emergenza del Covid-19
Neonato Un bambino appena nato in un reparto di neonatolog­ia: sono 175 quelli nati da quando è partita l’emergenza del Covid-19

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