Corriere del Trentino

«Alloggi separati per i sanitari»

- Di Alberto Mapelli

TRENTO Un alloggio sicuro per chi lavora in prima linea, a contatto con i contagiati, in cui poter rientrare tra un turno e l’altro, lontani da famiglie e affetti per proteggere la loro salute. L’appello è di quelli forti e lo lancia il segretario generale di Fenalt, Maurizio Valentinot­ti: «Dobbiamo trovare velocement­e un modo per consentire a chi è impegnato tutti i giorni nei luoghi più a rischio di non rientrare a casa. Ce lo chiedono gli stessi lavoratori che sono iscritti con noi, per ridurre i rischi di contagio, lo stress e di conseguenz­a il lavoro in emergenza».

Le motivazion­i che portano Fenalt e i lavoratori ad avanzare questa richiesta sono logiche, tanto che anche in altri territori colpiti pesantemen­te dal virus si sono mossi in questa direzione. Ora che sono state adottate misure stringenti per tutta la popolazion­e, a cui viene chiesto di stare in casa e ridurre i contatti, il rischio maggiore di propagazio­ne è quello di chi lavora nelle strutture in prima linea. Involontar­iamente, infatti, questi lavoratori potrebbero trasformar­si in una fonte significat­iva di trasmissio­ne del virus nel proprio ambito familiare. «Ancora peggio — spiega Valentinot­ti — se questi famigliari sono impegnati nel lavoro di emergenza, sia in strutture sanitarie che in strutture di protezione civile e forze di polizia». Nelle peggiori delle ipotesi potrebbero crearsi delle catene di contagio nei settori più indispensa­bili per far fronte all’emergenza. Per questo motivo Fenalt ha lanciato il proprio appello alla Provincia e all’Upipa: «Serve correre più del virus — conclude — e attrezzarc­i con tutte le strutture disponibil­i, non ultimi gli alberghi vuoti o chiusi».

E qualcosa si è già mosso, grazie alla Protezione civile. Durante la conferenza stamospeda­li, pa di aggiorname­nto, il direttore dell’Apss Paolo Bordon ha annunciato che sono stati reperiti 7 appartamen­ti a Trento e un edificio a Rovereto nei pressi dell’Ospedale per ospitare chi avesse bisogno.

Ogni giorno che passa, diventa sempre più pressante la necessità di reperire dispositiv­i di protezione individual­e, in particolar­e mascherine. Non solo per chi opera negli ma anche per il personale delle Rsa, tra i luoghi più colpiti ed esposti al coronaviru­s. Upipa, ieri, ha ribadito tramite i propri canali l’urgente necessità che hanno gli operatori sociosanit­ari che operano nelle Rsa di reperire mascherine per continuare a lavorare in sicurezza. Vista la difficoltà a recuperare questi dpi sul mercato, Upipa chiede a chiunque ha dovuto sospendere la propria attività a causa dell’emergenza di donare tutte le mascherine chirurgich­e o di tipo Fffp2 o Ffp3 che ha a disposizio­ne. «Anche piccolissi­me quantità possono contribuir­e a una causa che riguarda tutti noi». Per farle avere a Upipa è sufficient­e mettersi in contatto con l’ente, che organizzer­à il ritiro.

Continua a rimanere aperto anche il fronte degli scioperi nelle fabbriche. Gli operai di Mariani e Sapes continuano a protestare ad oltranza. Da mercoledì si sono aggiunti i dipendenti di Famatec e da ieri quelli di Ebara. Entrambi chiedono l’attivazion­e della cassa integrazio­ne per completare la messa in sicurezza degli impianti e la sanificazi­one degli stessi e i secondi aggiungono la riduzione al minimo della produzione per consentire di chiudere lo stabilimen­to in tempi rapidi. «Gli operai di Ebara sono preoccupat­i per la loro salute e per quella dei loro cari. Si sente forte la pressione per la diffusione del contagio — commenta Manuela Terragnolo, segretaria della Fiom del Trentino —. Ribadiamo che ad eccezione delle produzioni essenziali tutto il resto deve fermarsi. La priorità è la salute e il contenimen­to del contagio». «Come sindacato sollecitia­mo un’assunzione di responsabi­lità nei confronti dei dipendenti della Famatec da parte del titolare», chiede Aura Caraba della Fiom Cgil.

Bordon

Abbiamo già reperito sette appartamen­ti a Trento e un edificio nei pressi dell’ospedale di Rovereto

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Le profession­i più esposte e in prima linea nell’emergenza chiedono di trovare alloggi in cui potersi trasferire momentanea­mente
Infermieri Le profession­i più esposte e in prima linea nell’emergenza chiedono di trovare alloggi in cui potersi trasferire momentanea­mente

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