LA NUOVA EPICA
Uno degli effetti prodotti dal dilagare del coronavirus è quello di avvicinare il mondo dei media tradizionali a quello dei social. Sempre più frequentemente in trasmissioni e telegiornali compaiono spezzoni di filmati girati con i telefonini e destinati, almeno inizialmente, alle genti di Facebook, Instagram, Twitter o quant’altro imperversi nei sistemi di comunicazione di rete. È lì che spesso accadono cose delle quali poi i giornali e le tv si devono occupare.
L’effetto ridondante al quale non di rado siamo soggetti è quello — a sua volta spaesante, in una realtà spaesata — di stare in una gigantesca casa del Grande Fratello. Questo fenomeno è divenuto lampante da quando personaggi notissimi della musica e dello spettacolo quotidianamente decidono — per necessità e per virtù — di esibirsi a distanza: offrendo recite, concertini, duetti dal salotto o dallo studio di casa. L’intento è nobile, nobilissimo: volendo, ad un tempo, sostenere con queste iniziative il morale provato della truppa italiana, ed invogliare al contempo coloro che hanno la tentazione di uscire a rimanere viceversa in casa, incollati col naso allo schermo mignon del cellulare. Abbiamo così abitato la stanza di Francesco Favino, lo studio di Gianna Nannini, il salotto di Francesco Gabbani, la dimora di Andrea Bocelli, l’appartamento di Giuliano Sangiorgi. Il contrappasso immediato è stato quello di trasformare dei personaggi-icone, dei miti della nostra contemporaneità in gente comune, azzerando la distanza incolmabile, della quale la grande comunicazione si è sempre nutrita, tra il protagonista di fama, l’eroe e la gente comune chiamata ad esaltarsi e commuoversi davanti agli interpreti (veri o presunti) della società dell’immagine.
L’occhio non ha potuto non catturare il particolare rivelatore, l’indice che svela la usuale quotidianità di miti e influencer, azzerando all’istante la distanza tra l’interprete e lo spettatore. Basta che la web cam inquadri l’angolo liso di un tappeto o una scarpa logora, il profilo di un serramento malandato o lo scorcio di un tavolo da grande magazzino e il gioco è fatto, il risultato smagante è quello descritto magistralmente in un testo di Enrico Ruggeri: «Ti ho visto addentare un panino dentro l’autogrill: a volte un dettaglio può uccidere una poesia».
E mentre assistiamo ad una riduzione della vita pubblica alla dimensione domestica, per una sorta di legge del contrappasso, dalla vita vera, quella che ci sta mettendo davvero a dura prova, sorgono nuovi eroi, impastati di sonno e fatica, intingolati e forgiati dal dolore di chi arriva in una trincea non preventivata ed ha bisogno disperato di aiuto, di un po’ di ossigeno per non morire. Ed allora improvvisamente un quadro storto, una chioma arruffata, il disordine su di uno scaffale o una felpa sdrucita che la web cam incroci ci commuovono e ci appaiono come i simboli e icone di una quotidianità normale che sa farsi eroica nel mettere in campo tutto ciò che può e sa per dare una mano.
Questo cortocircuito è davvero straordinario e ci fa scoprire un patrimonio di umanità, di competenze, di dedizione del quale tutto il Paese si sta, con orgoglio crescente, accorgendo. È questo il sentimento che anima spontaneamente i balconi, questo enorme palcoscenico italiano: dove ancora una volta la genuina restituzione di senso che l’animo popolare sa dare anche nelle sfide più impegnative, fa germogliare un poco di speranza. E se il concertino da casa è divertente, «Abbrazame più forte» intonato da gente qualsiasi che improvvisa cori dai balconi è davvero toccante. Ci piace pensare che sia il primo affacciarsi della voce di una nuova epica: l’epica di una rinascente storia di un popolo chiamato a raccolta per uscire da una condizione difficile contando sulle proprie forze; un’epica che narri le gesta di un’eroica normalità di uomini che si sacrificano per costruire, giorno per giorno, una possibilità di futuro; un’epica che abbia la forza di non richiudersi appena si annuncerà la sconfitta di questo invisibile nemico.