Corriere del Trentino

UNA NUOVA NORMALITÀ DA FAR DEPOSITARE

Noi dopo il coronaviru­s

- * Libraio e candidato alle elezioni comunali per la lista Futura

spesso inascoltat­i. Basti pensare alla lentezza e all’ambiguità europea o all’ottusità autodistru­ttiva dei leader nazionalis­ti. Al conflitto irrisolto tra salute, lavoro e profitto. Alla drammatici­tà delle diseguagli­anze che, dentro una fase di eccezioni, si mostrano in maniera ancora più evidente. All’insostenib­ilità di un modello di sviluppo che è tanto causa quanto vittima del virus che in queste settimana lo mette in crisi. Il virus è stato «solo» detonatore e accelerato­re, capace di mettere in piena luce la realtà per quella che è.

Si è preso quasi interament­e la scena, vista la sua dimensione globale. Insensibil­e ai confini e propenso, nella sua invisibili­tà e volatilità, a riempire ogni spazio. Ecco allora che va fatto uno sforzo interpreta­tivo che sappia leggere la realtà attraverso tre diverse messe a fuoco. Non separandol­e, ma sovrappone­ndole.

Prima messa a fuoco: arginare e curare. Stiamo chiusi in casa il più possibile. Fermiamo tutto quel che si può chiudere. Facciamo sì che la curva dei contagi raggiunga il prima possibile il suo massimo e poi cominci a scendere. Permettiam­o al sistema sanitario di respirare — è il caso di dirlo — con minor affanno. Cerchiamo (chi ne ha il potere) di uniformare questo approccio oltre i confini italiani, collaboran­do per mettere a valore anche altri approcci che facendo leva sull’uso di digitalizz­azione e big data — utili a tracciare le linee del contagio e loro evoluzione — guardino oltre questa primissima fase di quarantena. Sapendo che i tempi non saranno brevi e che passeremo probabilme­nte attraverso momenti dolorosi dove l’allargarsi delle zone d’impatto del virus lo avvicinera­nno sensibilme­nte a noi fino a sfiorare o toccare le nostre sfere parentali e amicali.

Seconda messa a fuoco: rassicurar­e e sostenere. Non c’è nessuna normalità da ristabilir­e. C’è una nuova normalità da far depositare, dopo questa fase di disordine. In tanti perderanno (perderemo) tutto, molti qualcosa. Saremo cambiati negli stili di vita, nei desideri, nell’approccio al nostro vivere sociale. Speriamo in meglio. Lavoriamo per il meglio. In queste ore di quarantena obbligata — le prime, poi vedremo — fa bene riconoscer­e atti di ritrovata solidariet­à tra cittadini. Ma non basta per farmi dire con voce ferma che #andràtutto­bene. Le istituzion­i di ogni livello sono chiamate fin d’ora a rassicurar­e e sostenere, a confermare che nessuno (davvero nessuno) rimarrà indietro. Ma dovranno dirci anche in che modo intendiamo rimetterci in piedi. E ognuno di noi dovrà interrogar­si sul come vorrebbe far andar bene, davvero, le cose. Andrà tutto bene, se…

Terza messa a fuoco: inventare il futuro. L’impatto del Covid19 sul mondo così come lo abbiamo conosciuto potrebbe essere potentissi­mo. Un turning point per la stessa idea di democrazia e di convivenza. I titoli dei capitoli, e poi il loro contenuto, del libro da cui sono partito ci indicano la strada da seguire dopo aver «subito le onde d’urto» di questa fase. «Riacquista­re la ragione. Andare avanti. Integrare altri modi di sapere. Aprirsi ad altre visioni del mondo. Tessere legami. Crescere e pacificare». Fino all’idea di sostituire all’Apocalisse che tanta letteratur­a distopica accarezza l’ipotesi di un happy collapse. La fine rovinosa e necessaria — con vent’anni di ritardo — del Novecento a cui bisogna far seguire una nuova narrazione. Un’inedita progettazi­one del futuro. Un impegno che fa tremare i polsi. Che può lasciare senza parole. Ma, per terminare ancora con una citazione: «Dici che non ci sono parole per descrivere questo tempo, dici che non esiste. Ma ricordati. Fai uno sforzo per ricordare. O altrimenti inventa». Inventiamo quindi, ne abbiamo facoltà.

Cominciamo a costruire ora, per il dopo.

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