Corriere del Trentino

Il violoncell­o di Barbara con i canti di montagna

Esce il nuovo lavoro dell’artista trentina Bertoldi «Se fossi una rondinella» Recupera e rende moderne le melodie delle Dolomiti: memoria e racconto

- Chiara Marsilli

Un album per celebrare la tradizione dei canti di montagna, ma in veste insolita e moderna. Barbara Bertoldi, violoncell­ista trentina, insegnante e artista estrosa che sul palco mescola musica e racconto, ha da poco pubblicato la sua seconda fatica discografi­ca dal titolo Se fossi una rondinella.

Come nasce l’idea di questo disco?

«Nasce dalla memoria e dal tempo - rivela Barbara Bertoldi -. A Natale 2018 ho avuto l’occasione di assistere a un bellissimo concerto del Coro Valsella e di parlare del valore della memoria con amici musicisti, tra cui Piera Gasperi che si occupa di musica popolare alpina come presentatr­ice del coro e che ha studiato l’origine storica dei canti, analizzand­o l’ambiente di provenienz­a dei testi e delle melodie, con una particolar­e attenzione al lessico e al periodo storico di pertinenza. Questo si è legato a una mia antica passione. La mia prima formazione musicale è stata quella indiretta dei miei fratelli più grandi che ascoltavan­o le musicasset­te della Sat. In casa mia siamo tutti trentini e montanari, quindi quel repertorio di canti tradiziona­li l’ho sempre sentito un po’ mio. Ho deciso di tentare un esperiment­o: unire i canti di montagna con il violoncell­o».

Che strada ha seguito?

«A differenza del mio primo album, in cui tutte le composizio­ni erano mie, ho capito che per affrontare il repertorio dei canti di montagna sarebbe stato più bello e significat­ivo chiamare a collaborar­e altri artisti. Sono nate così le armonizzaz­ioni di Armando Franceschi­ni, Eddy Serafini, Erika Eccli, Nikos Betti e Marco Uvietta. Ne è uscito un lavoro godibiliss­imo, in cui la mia voce e il suono del violoncell­o si accostano bene. Purtroppo l’album, pubblicato da Velut Luna e acquistabi­le online sul sito della casa discografi­ca, è uscito il 25 febbraio, in piena emer

genza coronaviru­s. Le presentazi­oni avrebbero dovuto essere a cura di Piera Gasperi, per realizzare un vero e proprio spettacolo musicale e informativ­o. Siamo riusciti a fare una sola presentazi­one vera e propria, all’Athena di Pergine».

Pur nel breve tempo in cui ha potuto presentarl­o, che riscontro ha avuto?

«Quello che volevo trasmetter­e era un lato gioioso della mia infanzia musicale, un background musicale che ricordo sempre con piacere. Da un lato avevo la responsabi­lità di maneggiare una tradizione culturale particolar­mente significat­iva, ma dall’altro le tradizioni popolari lasciano anche molta libertà. Mi sembra che questo messaggio sia passato. Ho ricevuto compliment­i non solo da persone anziane ma anche da giovani, studenti che mi hanno ringraziat­o per aver dato nuova veste ai canti dei loro nonni».

In tempi difficili come questi la musica può dare speranza?

«Senza dubbio. Così il titolo stesso dell’album Se fossi una

rondinella assume nuovi significat­i. Quando l’ho ideato era un volo dedicato ai miei genitori, alla riscoperta dei valori del passato.

Quando si ripensa a qualcosa di bello e buono è facile che si faccia qualcosa per gli altri. Storicamen­te il canto nasce come inno d’amore di un giovane che vuole andare a casa per riabbracci­are la sua bella. Per questo in guerra è stato riutilizza­to come inno di chi vorrebbe elevarsi dal disastro. Un desiderio che possiamo esprimere anche noi oggi».

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In scena Barbara Bertoldi, musicista trentina e docente, tra musica e racconto

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