DENTRO O FUORI
Si fa presto a dire «rimanete a casa». E chi una casa non ce l’ha? E se c’è chi ne ha più di una, perché dispone di una residenza in un luogo, ma anche di più domicili stabiliti altrove? Solo nella finzione, della quale usufruiamo quando nessun fatto drammatico sconvolge le nostre abitudini, è possibile ipotizzare che ognuno abbia una dimora stabile, e questa dimora sia anche quella in cui si risiede e si vive senza spazio di ambiguità.
Può accadere però — come sta accadendo — che un virus «vagamondo» ci scuota e obblighi le persone a cercare un riparo che appare improvvisamente incerto: sia perché alcuni diritti che credevamo garantiti prendono ad oscillare al vento delle «misure straordinarie», sia perché ovunque si sta diffondendo la smania di chiudere porte e cancelli tra gli Stati, tra le regioni, tra le province, tracciando una linea sempre più invalicabile tra chi sta «dentro» e chi va trattenuto, o cacciato, «fuori».
Nello stato confusionale che ci coglie quando dobbiamo prendere decisioni fondamentali, per di più in modo rapido, può allora accadere che si compiano errori, magari soltanto di comunicazione, ma che per questo non causano minori problemi. È andata così per quanto riguarda l’«Ordinanza presidenziale contingibile ed urgente» con la quale sembrava venisse imposto a «turisti, ospiti, villeggianti e tutte le altre persone presenti sul territorio provinciale che non hanno la propria residenza in Alto Adige, di rientrare alla propria residenza, affinché possano eventualmente beneficiare delle prestazioni dei propri medici di base o pediatri di libera scelta». Adesso l’imposizione evidenziata dal verbo «ordina», presente nella prima versione, è stata saggiamente mutata nel più mite «raccomanda», e comunque si sottolinea che tale provvedimento non si estende a chi qui lavora, ha quindi un domicilio e molto probabilmente anche un medico di riferimento. Una precisazione doverosa, ancorché fondamentalmente inutile, visto che la legge continua a garantire che chi si sposta dal proprio Comune di residenza per un periodo inferiore ai 3 mesi non abbia l’obbligo di scegliere un nuovo medico di famiglia, perché l’assistenza medica dovrebbe (anche se sappiamo che in questi giorni il condizionale ha perso moltissimo vigore) essere garantita dagli ospedali pubblici e dal servizio della guardia medica turistica.
Non ha invece avuto bisogno di emettere un’ordinanza apposita, e quindi poi di correggerla, Maurizio Fugatti, presidente della Provincia di Trento, il quale in una conferenza stampa tenuta il 14 marzo ha però dichiarato: «Alle persone nelle seconde case, e quindi in villeggiatura, chiediamo di rientrare a casa loro perché sono qui in forma di irregolarità. La situazione in Trentino si sta aggravando, noi crediamo di dover dare risposte sanitarie per chi rispetta le regole: il Trentino sarà responsabile con chi è responsabile, il Trentino non lo sarà con chi è irresponsabile». Parole molto gravi, immotivate dal punto di vista giuridico, velate addirittura da un senso di ritorsione e minaccia, destinate comunque a restare ininfluenti per tutte quelle persone che hanno stabilito la propria dimora sul territorio prima dell’11 marzo, data dell’emissione dell’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri.
Altro discorso da fare riguarda l’assistenza fornita a tutti quei lavoratori stranieri, per esempio quelli impiegati nei nostri alberghi, che comunque devono osservare un periodo di quarantena. Già. Ma dove? Per chi non ha qui un proprio alloggio, e trovasse le frontiere sbarrate, l’unica possibilità è quella di entrare nelle strutture messe a disposizione dal ministero della difesa (cioè caserme). Nessun provvedimento è stato ancora preso per allestire dei posti letto negli alberghi in cui quelle persone lavorano, nonostante essi siano di fatto chiusi. Il caso è stato sollevato da chi sta operando, tra crescenti difficoltà, al fine di riuscire ad accompagnare fuori dall’Italia questi lavoratori e, contemporaneamente, riportare indietro chi si trova all’estero per studio o lavoro. È vero che il virus ha sorpreso e danneggiato tutti, ma tutti hanno diritto di non subire in aggiunta gli svantaggi derivanti dalla mancanza di chiarezza, di organizzazione e di solidarietà.