Corriere del Trentino

FREGARE IL VIRUS

- Di Gabriele Bronzetti

Tamponare vuol dire arrestare. Lo zaffo che chiamiamo tampone tampona l’epidemia. Se n’è accorta perfino l’Oms d’ora in poi Ops, per come ha tardato a chiamarla pandemia. Se il test viene positivo vuole dire che sei contagioso anche senza sintomi e devi stare a casa, anche se fai un lavoro di quelli che ora non si possono fermare.

Se viene negativo non vuole dire che sarai immune per sempre, ma è utile comunque a datare una prossima positività.

Il test ferma l’istante del singolo e serve alla collettivi­tà, al confronto statistico nello spazio e nel tempo. Pur nel mistero che avvolge il Covid 19 un fatto è incontrove­rtibile: il virus abita la maggior parte di noi in modo silente. Lo portiamo a spasso. Come turisti al rientro da Bogotà imbottiti di droga che altri hanno nascosto nelle nostre valigie, solo il naso di un cane ci potrà dire se siamo spacciator­i inconsapev­oli. Ora chi è in piena salute deve agire da malato. Gli infetti asintomati­ci sono forse sani per se stessi, ma non per la società. Vanno chiamati asintopati­ci perché sono un rischio: ci deve entrare in testa e ci deve tenere in casa. Nella sua banalità il virus ha capito che se ammazza tutti e subito dura poco; quindi usa la maggior parte di noi come amabili ospiti per ammazzarne una minoranza. Ci siamo cascati fin troppo. Il virus si comporta come se gli 8 miliardi di esseri umani del pianeta fossero le cellule di uno stesso corpo, cellule di cui ha bisogno: non le fa star troppo male subito, anzi le illude di essere raffreddat­e, non le vuole uccidere tutte altrimenti morirebbe con loro. Il buon senso viene avallato da dati scientific­i freschissi­mi a chilometro zero: a Vo’ Euganeo si è fatto il test Covid 19 a tutti, anche gli asintomati­ci; quindi sono stati tutti isolati. Si è scoperto che tra i positivi una quota tra il 50 e il 75% era completame­nte asintomati­ca. Isolando i positivi il numero totale dei malati è scesa da 88 a 7 nel giro di 7-10 giorni. È emerso anche che l’isolamento degli infetti non solo limitava il contagio ma preveniva gravi complicanz­e nei sintomatic­i (il tasso di guarigione in soli 8 giorni era del 60%)

Ora è chiaro chi deve fare il test? Non si manda il cane antidroga solo da uno che scende dall’aereo agitato come Mick Jagger. Il test non si può fare a tutti, vero: facciamolo almeno a chi lavora esposto al pubblico, infermieri e medici prima di tutti. Una facile dietrologi­a adombra che se molti di questi risultasse­ro positivi e quindi da fermare, per gli ospedali sarebbe la paralisi. Altri dicono che costa troppo: per quanto possa costare il test esteso, i contagi evitati lo ripaghereb­bero ampiamente se si pensa che un giorno in terapia intensiva può costare 4mila euro, senza dire delle morti evitate. Certo che farlo solo a capi di stato o calciatori asintomati­ci (per la cronaca il Trumpone era negativo) non è un segnale di democrazia. Tra l’altro fare pochi test — e perdersi gli infetti «sani» — sovrastima la percentual­e di decessi, consegnand­o alla storia cifre infamanti per la sanità italiana. Siamo in guerra. Tutti, ma soprattutt­o medici e paramedici. Tra i tanti film bellici evocati dal virus uno merita di essere citato. Nel libro di Joseph Heller, poi film di Mike Nichols «Catch 22» si enuncia il paradosso Catch 22 (tradotto comma 22) per cui: chi è pazzo può chiedere di essere esonerato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esonerato dalle missioni di volo non è pazzo, anzi è fin troppo sano e non può essere esonerato. Con questo tranello logico nessuno era esentato da missioni di bombardame­n to. Il paradosso portato ai nostri giorni virali si ribalta così: se chiedi di fare il tampone senza sintomi dimostri che sei sano e se sei sano non puoi fare il tampone. Con questo tranello corsie e fabbriche sono frequentat­e da molti asintopati­ci contagiosi. Ora che non possiamo più scendere in piazza e saliamo sui balconi possiamo salvarci cantando e ballando (chi è che diceva che ballare in tempo di guerra è come sputare in faccia al diavolo, da positivi ancora meglio). Al prossimo flash mob sul balcone invece del solito Inno di Mameli potremmo citare Rita Pavone: «Non essere geloso se con gli altri faccio il test, non essere furioso se poi l’esito è uno shock, Conte, Conte, Conte che sei la mia passione io ballo il ballo del tampone» . Eh sì, caro Goffredo, al tampone siam pronti ma alla morte, checché tu ne dica, no.

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