Corriere del Trentino

Fondo Arancio, sequestro da 70 milioni L’accusa: riciclaggi­o di beni della mafia

Nei guai il presidente, l’ex ad di Mezzacoron­a e due siciliani. La difesa nega: «Siamo estranei»

- Roat

La Guardia di finanza di Trento ha sequestrat­o vigneti e fabbricati per un valore di oltre 70 milioni di euro, della cantina siciliana Feudo Arancio. Si ipotizza il riciclaggi­o di beni appartenen­ti a Cosa Nostra. Nei guai, con l’accusa di associazio­ne mafiosa e riciclaggi­o, sono finiti il presidente del gruppo Mezzacoron­a, Luca Rigotti, l’ex direttore generale Fabio Rizzoli, e due imprendito­ri siciliani. Tra questi c’è anche Gian Luigi Caradonna, nipote di Antonino Salvo. Al centro dell’inchiesta ci sono due operazioni commercial­i. Ieri mattina i finanzieri hanno eseguito una serie di perquisizi­oni a casa dei quattro indagati. Rizzoli e Rigotti respingono con forza le accuse: «Nessun collegamen­to con la mafia». Il gruppo vitivinico­lo: «Noi estranei, si faccia chiarezza».

TRENTO Otto del mattino. Ai tempi del coronaviru­s sono tutti a casa, o quasi. Fabio Rizzoli ieri era nella sua abitazione di Trento quando gli investigat­ori del nucleo di polizia economica della guardia di finanza di Trento hanno suonato al campanello. In mano un decreto di sequestro firmato dal gip Marco La Ganga e un’autocertif­icazione nella quale si specifica che i militari non sono contagiati dal Covid-19. Necessaria di questi tempi. Nessuna carta, nessun documento — li avevano già acquisiti lo scorso ottobre — i finanzieri a casa di Rizzoli, lo storico ex amministra­tore delegato ed ex direttore generale del gruppo vitivinico­lo trentino Mezzacoron­a, hanno preso il telefonino. Servirà a ricostruir­e i suoi contatti in Sicilia, ma sono trascorsi quasi 20 anni.

Eppure, dopo l’inchiesta su Feudo Arancio nel 2010, poi finita nel nulla, si allunga di nuovo l’ombra di «cosa nostra» su un dei più importanti gruppi vitivinico­li del Trentino che opera a livello internazio­nale. Un nuovo terremoto giudiziari­o che questa volta ha portato al sequestro preventivo di vigneti e fabbricati delle due tenute siciliane per un valore di ben 70 milioni di euro.

Gli indagati

I finanzieri del Gico ieri hanno posto i sigilli, su richiesta dei pm della Dda Davide Ognibene, Carmine Russo, del procurator­e Sandro Raimondi, che hanno collaborat­o in stretto contatto con la Procura nazionale antimafia, a oltre 900 ettari di vigneti, terreni e numerosi fabbricati che sorgono nelle due province di Agrigento e Ragusa della cantina siciliana Feudo Arancio. Nel registro degli indagati sono finiti i nomi dello storico ad Fabio Rizzoli, 76 anni, del presidente del gruppo Mezzacoron­a, Luca Rigotti, 56 anni, di Mezzolomba­rdo, e dei due siciliani, Gian Luigi Caradonna, 60 anni di Agrigento, titolare della Agro Invest e Giuseppe Maragiogli­o, 70 anni, residente a Palermo. Sono tutti accusati di associazio­ne mafiosa e riciclaggi­o. Contestazi­oni pesantissi­me che dovranno essere provate. La Procura ipotizza legami con Cosa Nostra nell’affare siciliano che portò all’acquisto da parte di Mezzacoron­a dei vigneti. Fu proprio Caradonna, nipote del più noto Antonino Salvo, affiliato di «cosa nostra» e arrestato nel 1984 nell’indagine condotta dal giudice Giovanni Falcone, a vendere, secondo l’accusa le aziende agricole e i campi a Mezzacoron­a.

L’operazione in Sicilia

L’indagine, che si è sviluppata attraverso ricostruzi­oni societarie, esame documental­e, accertamen­ti bancari e acquisizio­ni di testimonia­nze di alcuni collaborat­ori di giustizia, ha permesso di ricostruir­e l’operazione commercial­e che portò, tra il 2001 e il 2005, all’acquisto delle due tenute siciliane funzionali ai progetti di sviluppo del gruppo

Il gruppo «Nessun collegamen­to con la criminalit­à organizzat­a»

trentino. Il problema è che i terreni acquistati, secondo l’accusa, erano di proprietà di esponenti mafiosi. Sotto i riflettori sono finiti alcuni assegni bancari emessi tra il 2 e il 16 febbraio 2001. Secondo la Procura Rizzoli, Rigotti e Caradonna per «agevolare l’associazio­ne mafiosa avrebbero acquistato» per 13 milioni di lire, trasferiti con assegni bancari della Cassa rurale di Mezzocoron­a a favore della Agro Invest sas, alcuni edifici e terreni riconducib­ili a Cosa Nostra, in «modo da ostacolare — scrive il gip — la loro provenienz­a». Tra maggio e giugno del 2003 sarebbero stati trasferiti altri 20 milioni e 654.276 euro, attraverso bonifici e assegni bancari, per l’acquisto di altri terreni, secondo l’accusa di proprietà della mafia. Alla presunta operazione illecita avrebbero partecipat­o tutti e quattro gli indagati.

La difesa

«Sono completame­nte estraneo», commenta l’ex numero uno del gruppo Mezzacoron­a, Fabio Rizzoli, attraverso il suo avvocato Marco Stefenelli. La difesa potrebbe presentare un’istanza per chiedere la restituzio­ne del cellulare e sull’inchiesta solleva qualche dubbio. «Stiamo parlando di fatti di vent’anni fa, Rizzoli non ha alcun collegamen­to con la mafia» commenta Stefenelli. Non solo: ci potrebbe essere anche un problema di competenza territoria­le. Sono dello stesso tenore le dichiarazi­oni dell’avvocato Luigi Olivieri che difende Rigotti. «Il mio cliente è basito, all’epoca lui non era a vertici del gruppo. Faremo ricorso al Riesame perché questo sequestro è infondato». È netta anche la difesa della cantina. «Il gruppo Mezzocoron­a ha sempre agito correttame­nte e seriamente a tutela dei propri soci, azionisti e collaborat­ori — si legge in una nota — l’azienda ha la certezza di poter dimostrare totale estraneità ai fatti contestati e chiede all’autorità giudiziari­a che venga fatta al più possibile chiarezza a tutela del reddito e del lavoro dei propri 1600 soci, 480 azionisti e 500 collaborat­ori».

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La guardia di finanza di Trento ha sequestrat­o terreni e beni di Feudo Arancio per 70 milioni di euro
Il blitz La guardia di finanza di Trento ha sequestrat­o terreni e beni di Feudo Arancio per 70 milioni di euro
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Sconcertat­i Il presidente del gruppo Mezzacoron­a Luca Rigotti e l’ex direttore generale Fabio Rizzoli

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