DELEGA SPECIALE PER GESTIRE IL DOPO VIRUS
Dopo il coronavirus, per ripartire non sarebbe male affidare una delega speciale a un super manager. Così si eviterebbero i tempi morti.
«Ce la faremo». Come un mantra l’augurio fa ormai parte positiva delle nostre case, delle nostre famiglie, penetra le pareti delle nostre coscienze. Giusto, giustissimo vivere e vedere positivo; questa positività virale, invidiataci nel mondo, carica e induce a comprimere quello stato di frustrazione che alla lunga potrebbe raggiungere derive di collettivo scoramento.
Detto questo, sono convinto che la battaglia sanitaria sarà vinta. Vinceremo in virtù anche di un’inaspettata risposta collettiva, che questa volta credo abbia sorpreso un po’ tutti, a partire da quegli Stati che solo due settimane fa ci davano irreversibilmente in ginocchio, e oggi si accorgono che ci siamo solo piegati ad allacciarci la scarpa, pronti a prendere a calci i loro pregiudizi.
Grazie a partire da quella catena di comando che comprenevitare de gli addetti alle pulizie, i sanitari, i ricercatori, i singoli; fuori di questa esistono i soli disertori, modello «Cardarelli», che rimandiamo alla condanna peggiore, quella della loro coscienza.
Il vaccino sanitario arriverà. Il vaccino sociale invece temo sia ancora molto lontano a venire, e non so quanto vi sia la percezione delle conseguenze di questo passaggio epocale. Stiamo intanto raccogliendo, nell’immediato, frutti importanti in virtù di una formula che direi è sostanzialmente comune a Trento come a Roma: un passo indietro della politica dell’odio e dello scontro a favore di quella dell’interesse comune. Forse per la prima volta negli ultimi decenni, la memoria mi rimanda agli anni del terrorismo e dello stragismo, maggioranza e minoranza a Trento come a Roma hanno evitato lo scontro supportandosi a vicenda. C’e stato bisogno di una catastrofe per riportare al centro i governati anziché i governanti. Terminata la fase emergenziale, quella che tocca la salute di ognuno, quella che più fa paura, occorrerà il diffondersi di un secondo virus, legato alla ricostruzione. Ricostruzione che se non gestita provocherà guerre tra ultimi contro penultimi, tra latitudini sociali, categorie economiche, aree produttive, nuovi indigenti contro indigenti cronici.
Non potremo permetterci il ritorno allo stato precedente di campagna elettorale costante, per capirci, al modello sgarbiano, sguaiato, scusate il termine, di evacuazione verbale, dove è importante creare la notizia e non risolvere il problema che essa racchiude.
Sarà imposto dalla gravità della situazione alta qualità in campo, competenza ed equilibrio; attraverso un parziale passaggio di quote di sovranità di partito alla politica. Una sorta di temporanea transizione dal partitismo alla politica. Recuperando le energie verticali di una società che oggi è più avanti di ogni organizzazione partitica. E questo in attesa che i partiti maturino e sappiano porre al centro orizzonti di prospettiva di cui oggi abbiamo particolarmente bisogno. L’esperienza del virus ha messo in evidenza il valore di un intero sistema, della nostra sanità, ma anche delle nostre categorie imprenditoriali, dei lavoratori autonomi come di quelli pubblici, del volontariato, della scuola, delle forze dell’ordine, dello sport e della cultura, del sindacato e della ricerca, della cooperazione tutti, motivati solisti di un’ orchestra composita ma mai fuori pentagramma. Il metronomo di questa sinfonia non è stato il partito, ma un diffuso senso di appartenenza comunitaria che ha fatto la differenza. I partiti sono stati, con qualche mal di pancia, lì a recitare ruoli secondari rispetto agli attori della politica, a quei citati soggetti che di fatto continuano a fungere da sentinelle attive nei propri ambiti.
Conclusa la battaglia di difesa del fortino dall’attacco del virus, non è pensabile tornare al sonno della ragione di Stato per riprendere il teatrino delle singole comparse. Occorre una cabina di regia, anche in sede provinciale. Una delega speciale di gestione della crisi post virus con pieno mandato a maturare interventi decisivi per settori. Una cabina di regia autorevole che sappia, obtorto collo, avanzare proposte, stabilire priorità, promuovere laddove c’è da promuovere e bocciare laddove occorre. Le risorse non sono illimitate, e all’intervento elettorale a pioggia, andranno preferite azioni limitate ma decisive, evitando quelle di pura facciata. Le risorse già presenti, e penso, ad esempio, all’esercito di lavoratori impegnati nel Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale, già Progettone, immediatamente attivabili in situazioni di questo tipo, e che stanno a testimoniare di una vitalità del nostro tessuto anche pubblico lì, pronta all’uso.
Il perimetro politico istituzionale, potrebbe davvero prevedere un passaggio delicato ma indispensabile: l’apertura a tutte le forze presenti in Consiglio provinciale interessate, e dall’altra la forte e piena regia «laica» di un super manager della pubblica amministrazione, ottimo conoscitore della macchina pubblica provinciale, in grado di interfacciarsi con la stessa, per superare la naturale resistenza di una burocrazia che naturalmente è ancora piuttosto sorda al necessario pragmatismo operativo di cui occorrerà dotarsi. Anche così «il ce la faremo» non sfiorirà allo sfiorire della primavera, perché in caso contrario l’autunno potrebbe essere caldo ma non per questioni meteorologiche.