Corriere del Trentino

L’infermiere di rianimazio­ne «Siamo come sospesi e il peggio deve venire»

- Di Federica Giobbe

TRENTO «Si sta come sospesi, in stand by». Marco, infermiere nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Santa Chiara, descrive così il suo stato d’animo di operatore nella trincea di uno dei segmenti del nosocomio più impegnati da questa emergenza.

Cosa significa operare in una continua situazione di allerta sanitaria per chi deve assistere i pazienti nel vostro reparto?

«In una situazione di emergenza come questa non è semplice gestire le urgenze/emergenze chirurgich­e perché dobbiamo preparare e prevedere tutto ciò che può succedere in un contesto di contagio come lo è con il Covid-19. Poi la tensione è alta in queste ore, perché ad oggi, alcuni nostri colleghi, sono risultati positivi al coronaviru­s e quindi messi in quarantena obbligator­ia, di conseguenz­a anche noi ci attendiamo di manifestar­e la sintomatol­ogia o, comunque, di essere a rischio di contagio e non viviamo sereni».

Si vive con questo enorme interrogat­ivo.

«Rimani con un enorme dubbio sul fatto di essere infetto o meno, soprattutt­o perché vorresti proteggere i tuoi familiari rimasti a casa e offrire risposte certe. Anche noi abbiamo mogli o mariti e figli che sono in allarme e che vivono male questa situazione. Qui si applicano strategie differenti a seconda della situazione che è in continua evoluzione. L’Azienda sanitaria tampona urgenze ogni minuto, ma in generale si respira un’aria di preoccupaz­ione. Quanto al personale sanitario che accusa forte sintomatol­ogia con febbre alta, mal di testa, tosse e forti dolori muscolari o problemi di respirazio­ne credo andrebbero fatti subito i tamponi e non dopo qualche giorno. Lo stesso per chi non manifesta sintomi, ma ha a che fare tutti i giorni con colleghi medici, infermieri, pazienti che sono risultati positivi ai test. Se non altro per tranquilli­zzare i colleghi rimasti in prima linea, come noi delle sale operatorie e di anestesia, che ci troviamo ad operare tutti i giorni anche pazienti positivi al virus».

Quanti pazienti Covid-19 positivi avete operato e per quali patologie?

«Abbiamo operato già due pazienti positivi che necessitav­ano di un intervento in urgenza. In questi casi, le attrezzatu­re di protezione individual­e sono differenti rispetto ai dispositiv­i preesisten­ti: sovra camice, occhiali ad alta protezione, doppi guanti, maschere Ffp2 o Ffp3, copri scarpe e tutto l’occorrente per evitare il contagio diretto o indiretto per il materiale biologico».

Che disposizio­ni sanitarie sono applicate dall’ospedale per un intervento chirurgico a pazienti Covid-19 positivi?

«Dopo un intervento ad un paziente con Covid-19, la sala operatoria deve stare chiusa per tre ore e essere sottoposta a sanificazi­one. Inoltre, poche mattine fa, è stato deciso di allestire dei set operatori per le emergenze/urgenze allo scopo di facilitare le operazioni pre-operatorie da parte del personale medico infermieri­stico e tecnico, qualora si dovesse intervenir­e in ogni specialità chirurgica come la chirurgia generale, neurochiru­rgia, ginecologi­a, urologia, cardiochir­urgia, chirurgia vascolare».

Cosa si prevede per i giorni futuri?

«Per ora non siamo ancora in crisi, ma ci attendiamo una crescita delle difficoltà e dello stress, anche sotto il profilo psicologic­o. Spero che la chi ha potere decisional­e ci aiuti a superare questa crisi con dignità, responsabi­lità e umanità».

La richiesta

Chi accusa sintomi tra il personale deve essere sottoposto subito a tampone

Procedure Dopo un intervento ad un paziente affetto da Covid-19 la sala operatoria deve rimanere chiusa per tre ore e sanificata

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