Lazzari: «Le mie note piene di fiducia nel futuro»
Il disco Il cantautore attore, autore del brano «Quando tutto questo sarà finito» chiede al suo pubblico di condividere i sogni per quando passerà l’emergenza
Riscoprire canzoni composte in altri momenti, per altre occasioni, ma che in questi particolari giorni tornano a suonare svelando nuovi significati. Massimo Lazzari, attore, autore teatrale, gestore del Teatro di San Marco di Trento e musicista, in questi giorni sta utilizzando la sua pagina Facebook per condividere con il suo pubblico alcuni brani del suo ultimo album Vedi che c’è il sole. Tra questi anche Quando tutto questo sarà finito che vede la collaborazione con il musicista Daniele Groff. Un modo per farsi compagnia e riflettere, pur nella lontananza fisica.
Da dove nasce questa iniziativa?
Il brano è tratto dallo spettacolo Guerra e pane dedicato all’Olocausto, ma riascoltandolo mi sono accorto che in nessuna parte del testo c’è un riferimento preciso a quel periodo, piuttosto è un inno a guardare con fiducia a quello che verrà. Non voglio assolutamente paragonare la tragedia dell’Olocausto con quello che stiamo vivendo ora, ma è una canzone che anche oggi può suggerire speranza e nuove possibilità di futuro. Ho deciso quindi di chiamare a raccolta il mio pubblico, chiedendo di dirmi cosa faranno quando tutto sarà finito».
Come è nata la collaborazione con Groff?
«Anni fa avevo già pensato a lui per un’altra collaborazione, gli avevo scritto ma non mi aveva mai risposto. Ci siamo incontrati tre anni dopo a un corso di yoga, lui si è ricordato e abbiamo deciso di lavorare insieme».
Questo non è l’unico dei suoi brani che può risuonare in questi tempi.
«Mi sono accorto che molti dei brani dell’album sono adatti a questa occasione. La ninna nanna registrata con Elisa Amistadi aiuta a trovare calma e serenità. Il testo di un’altra canzone invita a guardare fuori dalla finestra, a immaginare tutte le azioni nor
mali che sarà possibile fare una volta usciti. Un’immagine che corrisponde a questi giorni durante i quali tutti sognano quando sarà di nuovo possibile andare in montagna o anche solo a prendere un caffè al bar. Un altro aspetto che mi preme sottolineare è come questa epidemia, pur gravissima, stia facendo passare in secondo piano alcuni grandi temi come quello dei migranti. Non solo, la situazione si è rovesciata: siamo noi italiani a essere stati chiusi fuori da alcuni Paesi e a sentirci trattare come appestati. Una grande lezione che dovremmo ricordarci per il futuro. Anche di questo parlo in musica nel brano Siamo tutti sullo stesso barcone».
Che significato possono avere la musica e l’arte in generale in periodi difficili come questo?
«Le canzoni possono essere di monito, dimostrando come i sentimenti umani siano universali. La musica, come la poesia, parla a tutti coloro che la ascoltano in relazione a ciò che sta accadendo a quella singola persona in quel determinato periodo, e ogni volta sarà possibile cogliere delle sfumature di significato leggermente diverse. È questo il bello dell’arte e della cultura: le possibilità si espandono in orizzontale come un ventaglio, non in verticale come una classifica. Per questo amo gli spettacoli che significano qualcosa: nella mia produzione solo il teatro per bambini deve viaggiare sul binario del piacere e del divertimento, tutto il resto nasce da un’urgenza o dal desiderio di comunicare qualcosa».