Mezzacorona, la deposizione. L’ex ad: «Incontravo Caradonna, era in abito gessato»
TRENTO Emergono ulteriori elementi dagli atti del sequestro preventivo di 900 ettari di terreni acquistati dalla Cantina Mezzacorona in Sicilia, vigneti e fabbricati della cantina Feudo Arancio del valore di oltre 70 milioni di euro, che erano appartenuti ai cugini Nino e Ignazio Salvo, potenti esattori siciliani, accusati dal pentito Tommaso Buscetta di essere «uomini d’onore» e poi arrestati dal giudice Giovanni Falcone. In particolare, si tratta delle dichiarazioni rese nel 2013 alla Procura di Ragusa da Fabio Rizzoli, ex ad della Cantina (indagato per riciclaggio con l’aggravante di aver agevolato Cosa nostra, insieme al presidente del gruppo Luca Rigotti e ai due siciliani Gianluigi Caradonna titolare della Agro Invest e Giuseppe Maragioglio), che evidenzierebbero la conoscenza di Rizzoli dei legami mafiosi di Caradonna con cui stava trattando la compravendita. Tutte le contestazioni di associazione mafiosa e riciclaggio dovranno essere provate e i due trentini si sono detti estranei ai fatti.
«Rizzoli era consapevole che per chiudere la trattativa serviva l’autorizzazione dal carcere del reale proprietario, Sangiorgio Gaetano, genero di Antonino Salvo» emerge dagli stralci del decreto di sequestro. Il provvedimento emesso dal gip del tribunale di Trento Marco La Ganga su richiesta del procuratore capo Sandro Raimondi e dai sostituti Carmine Russo e Davide Ognibene della Procura distrettuale antimafia, è stato eseguito giovedì dagli uomini del Nucleo di polizia economica e finanziaria della Guardia di finanza di Trento.
Rizzoli durante la sua deposizione di sette anni fa ricostruisce l’iter dell’acquisto dei terreni siciliani ai quali era interessato — investimento ritenuto «spregiudicato» dalla procura di Trento — avvenuto attraverso Girolamo Ditta, titolare di una società di Mazara con la quale Mezzacorona era in rapporti commerciali. Dichiara Rizzoli: «Il Ditta mi disse che non si poteva fare niente perché uno degli eredi dei proprietari era in carcere e serviva il suo benestare senza il quale non ci sarebbe stata alcuna vendita». Non solo. «Mi spiegò — dichiara l’ex ad — che il terreno era appartenuto ai noti cugini Salvo e che la persona in carcere era un loro nipote accusato dell’omicidio di Ignazio Salvo». Solo dopo alcuni mesi il terreno di Sambuca di Sicilia fu sbloccato «perché come mi parve di capire l’erede dei Salvo in carcere era stato condannato all’ergastolo».
Ma dagli atti emergono anche i particolari sulla stile di Caradonna e le molte frequentazioni di Rizzoli con l’uomo: «L’ho conosciuto fin dalla mia prima visita al fondo Sambuca, stava all’interno della proprietà con atteggiamento padronale e ostentando uno stile che non definisco ma descrivo: abito gessato, occhiali scuri da sole, sigaretta con lungo bocchino». Poi «mi spiegarono che aveva la delega per la vendita e da quel momento ogni trattativa fino all’atto di acquisto venne tenuta da Caradonna».
Da qui la deduzione del giudice: «Le modalità di trattativa, la diretta conoscenza anche sul posto dei personaggi legati alla vendita, le condizioni contrattuali tra cui l’inserimento di personaggi locali nella gestione dei fondi provano la sussistenza del dolo in capo ai due vertici di Mezzacorona». per continuare il suo allenamento anche durante l’emergenza in corso. Una possibilità che gli viene garantita dai decreti nazionali. E non potendo utilizzare la pista di atletica o le ciclabili — entrambe chiuse — deve necessariamente prevedere sessioni di allenamento nel suo paese. Qualcuno, però, non sembra aver gradito, tanto da inviare le forze dell’ordine.
La vicenda, in Rete, ieri ha sollevato un ampio dibattito: in giorni in cui in molti si stanno scagliando contro i runner e gli sportivi — rei di uscire di casa per una corsa — il caso di Crippa ha fatto insorgere invece gli appassionati della corsa, che hanno espresso la loro frustrazione di fronte a giudizi giudicati fin troppo severi.