FATTI CONFRONTI
Amargine di questa grave crisi sanitaria e sociale,ma in verità nel suo cuore più profondo,si apre la necessità di un ritorno del pensiero,quello più autentico.
In tutta modestia, su queste stesse pagine, avevo già tentato di anticipare tale «nostalgia del pensare»: i «nodi vengono al pettine» sentenzia l’ottimo editoriale di Ugo Morelli (Corriere del Trentino del 17 marzo), dove i nodi sono proprio le questioni gravi di economia sociale e di etica (e di filosofia...). Servono lampade per muoversi nel buio,proviamo ad accenderne qualcuna insieme.
Ogni nostra azione,ogni umana impresa si caratterizza in sostanza per il fine ultimo che si propone. Dunque, fine ultimo di quel processo economico sociale che definiamo «capitalismo» consiste essenzialmente nella crescita indefinita del profitto.
Altre concezioni economiche e sociali, più classiche, considerano la ricchezza prodotta solo un mezzo e non il fine della società umana. Ad esempio, in questo senso, la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa, debitrice del pensiero filosofico greco, pone all’economia soprattutto obiettivi di solidarietà, come il bene pubblico: siamo in presenza di concezioni etico- religiose del mercato, «non profit».
In questa dimensione, in definitiva, anche inconsapevolmente, si mira alla decomposizione del «capitale», lo si spinge a sconfessare se stesso e i propri autentici scopi: se proprio dovesse scegliere, il capitale cercherà il profitto,non l’amore del prossimo (altrimenti non sarebbe più se stesso). Quindi, l’auspicio edificante di un’economia più umana (Kant?) è certamente lodevole e condivisibile, profondamente etico ma contraddittorio proprio perché scopo ultimo del capitalismo non è di dare da mangiare agli affamati o vestire gli ignudi, ma «solo» distribuire ricchezza: non si possono servire due padroni...
Alla fine, per guardare avanti, in prospettiva, il capitalismo è comunque destinato a scomparire dalla faccia della terra, ma lo è nello stesso modo in cui sono destinati al tramonto comunismo e cristianesimo (e forse la stessa democrazia?) cioè tutte le grandi ideologie del passato, travolte dalla tecnica.
La nostra libertà, ovvero la liberazione dai valori della tradizione, da ogni limite (da ogni «dio») non significherà, alla fine, dominazione tecnica della nostra esistenza? Ma questo è ben altro e più complesso discorso.