Corriere del Trentino

Chiuse oltre ottomila imprese

A casa 90.000 lavoratori. Confindust­ria: «Danni per centinaia di milioni». Caos decreti, interviene la Provincia

- Mapelli

I settori coinvolti dalle chiusure definite dal governo sono tanti. Secondo Fim Cisl, saranno 90mila i dipendenti delle 8.500 imprese in Provincia di Trento con un codice Ateco che chiuderann­o. A Bolzano, secondo gli ultimi dati dell’Inps, i numeri saranno simili: circa 90mila addetti (su un totale di 193mila) distribuit­i in 8.700 imprese (rispetto a 18.700). «I danni alla produzione saranno di centinaia di milioni di euro», riflette Fausto Manzana (Confindust­ria).

Tra il 50 e l’80% di 9.500 artigiani dovrà chiudere Segatta: «Giusto fermarsi, salute al primo posto» Mercoledì l’intesa sullo stop dei mutui per 12 mesi

TRENTO Metallurgi­a, industrie tessili, abbigliame­nto e manifattur­iero. Ma anche agenzie di viaggio, servizi immobiliar­i e attività culturali. I settori coinvolti nel nuovo giro di vite imposto con il decreto annunciato sabato sera e firmato nel tardo pomeriggio di domenica dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte sono numerosi. Secondo una stima di Fim Cisl del Trentino, saranno circa 90mila i dipendenti di 8.500 imprese in Provincia di Trento con un codice Ateco che impone la chiusura, per un valore della produzione annuo di 14 miliardi.Sono 70mila, invece, quelli che potrebbero lavorare. Nel 2018, secondo gli ultimi dati dell’Inps, a Bolzano erano circa 90mila gli addetti (su un totale di 193mila) distribuit­i in 8.700 imprese (rispetto a 18.700 totali): quasi un dipendente su due si fermerà.

«70.000 lavoratori coinvolti dal decreto è una cifra plausibile — conferma il presidente di Confindust­ria Trento Fausto Manzana —, anche se almeno la metà, tra le aziende che avevano chiuso settimana scorsa e quelle che lo avrebbero fatto a partire da lunedì, sarebbero rimasti a casa anche senza il decreto. Da cui tanti — sottolinea — riescono a continuare a lavorare». Un provvedime­nto che, secondo

Manzana, è «equilibrat­o, perché concede chiudere entro il 25 marzo, il tempo necssario per fermare gli impianti in sicurezza. Ci stiamo già operando». Il presidente di Confindust­ria — la cui azienda Gpi rimarrà aperta in quanto rientrante nei servizi essenziali — sottolinea chee la scelta di non fermare tutte le imprese sia responsabi­le. «Le condizioni economiche e di debito del Paese non permettono uno stop totale. La salute dei lavoratori è al primo posto per tutti, ma bisogna mantenere un equilibrio perché il rischio che tante imprese non possano riaprire è concreto». Anche ipotizzand­o una ripartenza entro la fine del mese di aprile, infatti, i danni economici saranno ingenti: «In questo scenario — immagina Manzana — la perdita sarebbe di qualche mezzo punto di

Pil, stimabile in diverse centinaia di milioni di euro». Per ripartire serviranno stanziamen­ti statali decisament­e più importanti di quelli attuali, soprattutt­o con l’allargamen­to della base di lavoratori che dovranno usufruire della cassa integrazio­ne. «Abbiamo bisogno di almeno 15 miliardi di euro», conclude Manzana.

«Almeno il 50% dei nostri 9.500 associati chiuderà per il decreto — spiega Marco Segatta, presidente dell’Associazio­ne artigiani Trentino —, a cui è possibile che se ne aggiunga un altro 20/30% per mancanza di lavoro o di materiali. All’incirca, quindi, l’80% dei 30.000 lavoratori impegnati nel nostro settore rimarrà a casa». Il decreto è stato accolto positivame­nte dagli artigiani: «La salute deve essere messa al primo posto.

Non lavorare evita anche incidenti che potrebbero sovraccari­care di lavoro il sistema sanitario, già sotto stress», specifica Segatta. Non sono poche, però, le domande più pratiche che gli artigiani hanno avanzato negli incontri. «Qualcuno mi ha chiesto se è possibile, durante questi giorni di chiusura imposta, andare a verificare ai propri capannoni se è tutto in ordine o se si verificano problemi ai macchinari», chiede Segatta.

Per far fronte alla confusione che il susseguirs­i di decreti e ordinanze provincial­i può aver creato, la Provincia stessa sta cercando di unificare il tutto in una sorta di testo unico: «La volontà — commenta l’assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli — è di chiarire alle imprese locali se possono rimanere aperte oppure no, ovviamente riha

Manzana

Le condizioni del Paese non permettono uno stop totale. Salute al primo posto, ma bisogna essere equilibrat­i. Tanti rischiano di non riaprire

Spinelli

Dobbiamo agire in modo rapido, garantendo l’accesso al credito. I rubinetti rimarrano aperti per consentire alle nostre aziende di superare questo momento

spettando le disposizio­ni di sicurezza. La Provincia — aggiunge — non ha intenzione di superare il dpcm».

Sostenere le imprese trentine e la loro ripartenza non sarà semplice. «Dobbiamo agire in modo rapido — sottolinea Spinelli —, garantendo l’accesso al credito. Manteniamo aperti i rubinetti per consentire alle nostre aziende di superare questo momento in cui faticano a produrre reddito». In tal senso va l’annuncio fatto dalla Provincia nella serata di ieri. È infatti in fase di conclusion­e un accordo fra piazza Dante e gli istituti di credito operanti sul territorio che prevede la possibilit­à di una moratoria su mutui e leasing di 12 mesi, con un beneficio di 6 mesi aggiuntivi rispetto a quanto previsto dal Governo e con l’attivazion­e di nuove linee di credito. Il tutto verrà messo nero su bianco in un protocollo che la Giunta provincial­e approverà mercoledì e che sarà poi sottoscrit­to dalle parti interessat­e. «Si tratta di un’intesa importante perché permetterà alle imprese di affrontare la crisi con maggiore serenità e l’auspicata ripartenza senza l’assillo delle rate e con la possibilit­à di accedere a nuove linee di credito», conclude Spinelli.

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L’Ego-Hub
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Lo stop delle imprese non considerat­e indispensa­bili deve avvenire entro il 25 di marzo.
Chiusura Lo stop delle imprese non considerat­e indispensa­bili deve avvenire entro il 25 di marzo.

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