Il Centro Trevi trasloca sui social la mostra su Fellini
Foto e documenti online
Il decreto del governo con le misure di contenimento del coronavirus si è abbattuto sul Paese proprio mentre, a Bolzano, il Centro Trevi di via dei Cappuccini si preparava a inaugurare l’evento più atteso dell’anno: la mostra «Federico Fellini tra sogno e realtà». Ma la chiusura imposta non ha impedito alla «piazza della cultura» del capoluogo di rendere fruibile al suo pubblico la carrellata di materiali, approfondimenti, documenti e opere dedicati al più grande Maestro del cinema contemporaneo italiano.
La mostra, che avrebbe dovuto essere inaugurata oggi, è già visitabile virtualmente tramite i canali social del Trevi: la pagina Facebook e il profilo Instagram ospitano ogni giorno aggiornamenti che consentono di addentrarsi a poco a poco nel mondo onirico del celebre regista riminese di cui, quest’anno, ricorre il centenario della nascita.
Una mostra a tappe affidata agli strumenti online e capace di raggiungere un’utenza potenzialmente illimitata per valorizzare gli sforzi organizzativi che hanno accompagnato l’allestimento.
Per tutto aprile, il «mese social», gli account del Centro Trevi proporranno filoni tematici differenti per scoprire Fellini dalle più diverse angolazioni, a partire dalla dimensione visionaria e simbolica che permeava ogni fotogramma delle pellicole che gli sono valse tra l’altro ben cinque Oscar.
«Non faccio un film per dibattere tesi o sostenere teorie - dichiarava il Maestro -. Faccio un film alla stessa maniera in cui vivo un sogno, affascinante finché rimane misterioso e allusivo ma che rischia di diventare insipido quando viene spiegato».
Già numerosi i contributi fruibili in rete: dalla videoscheda «Chi era Federico Fellini?», con l’omaggio che Nadia Alese ha realizzato per «Porta a Porta» e che lo celebra come «simbolo universale di stravaganza e ironia graffiante, ma anche di originalità, ambiguo erotismo, suggestioni oniriche e ossessioni autobiografiche», alla foto-ricordo del 1957 a memoria dell’amicizia profonda che legava Fellini a Pasolini, il quale si definì «un gattino peruviano accanto al gattone siamese». E ancora Fellini che si racconta a Enzo Biagi (e ammette: «Il primo film che ho visto è “Maciste all’Inferno”, tento sempre di rifare quello») e Fellini «cantore di matti e marginali», secondo Goffredo Fofi.
Ogni giorno, fino al 5 aprile, la redazione social del Centro Trevi presenterà inoltre una o più opere tematiche delle 34 realizzate dagli artisti del gruppo «Amici dell’Arte» che si sono lasciati ispirare dal grande regista di «La dolce vita» e «Amarcord».
Gli americani gli dedicarono addirittura un neologismo, coniando l’aggettivo «felliniano». «Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’aggettivo - aveva ironizzato lo stesso maestro nell’intervista rilasciata a Claudio Castellacci e pubblicata sul Corriere della Sera poco prima di morire, nel 1993 -. Cosa intendano gli americani con “felliniano” posso immaginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnacciaro. Ecco, fregnacciaro è il termine giusto».