«La chiusura prolungata mette in crisi le aziende»
Bort: «Sospensione del patto di stabilità un’occasione» Calzedonia produrrà 10.000 mascherine al giorno Polemica giunta-opposizione sulle risorse statali
«Sarà difficile ripartire se la chiusura si prolungherà. 25 miliardi sono pochi». Giovanni Bort, presidente della Camera di Commercio di Trento si auspica un intervento statale sostanzioso. L’assessore Spinelli assicura che arriveranno altri fondi da Roma per finanziare la cassa integrazione. Calzedonia riconverte lo stabilimento di Avio: produrrà mascherine e camici.
TRENTO
«Ci vorrebbe la sfera di cristallo per stimare adesso i danni provocati dall’emergenza». Giovanni Bort, presidente della Camera di commercio di Trento, non si lancia in predizioni, ma di una cosa è certo: serviranno molti più fondi di quelli che sono stati stanziati per il momento dal Governo italiano per fa ripartire l’economia. «25 miliardi devono essere solo il primo passo. Non mi azzardo a dire che a quel venticinque manchi uno zero in coda, ma poco ci manca».
D’altronde, spiega Bort, almeno il 50% delle aziende trentine chiuderanno dopo il nuovo dpcm approvato nel weekend. «Se lo stop supererà il mese sarà difficilissimo riuscire a ripartire, soprattutto per i comparti che si sono fermati per primi: turismo, bar, ristoranti, negozi, centri congressi, ... l’elenco è molto lungo. Per questo tipo di esercizi — continua Bort — ci sono dei costi incomprimibili, come bollette e affitti, che rimangono anche se non entrano clienti dalla porta. La Provincia sta agendo sulla partita del credito e dei mutui in maniera corretta, ma siamo solo all’inizio». Con fondi che devono arrivare copiosi anche da Roma. «Il Governo deve usufruire della sospensione del patto di stabilità stilare un programma a tutto tondo: servono risorse per lavoratori dipendenti, partite Iva e imprese; ma anche investimenti per finanziare lavori pubblici e investire sulle infrastrutture. Per questo dico che i 25 miliardi devono rappresentare solo il punto di partenza delle manovre statali».
E proprio sui fondi arrivati da Roma alla Provincia trentina per gli ammortizzatori sociali si è sviluppata nella giornata di ieri una polemica tra l’opposizione e la Giunta provinciale. «La quota di risorse stanziata dallo Stato in sede di riparto tra le Regioni per gli ammortizzatori sociali è insufficiente e ci penalizza ingiustamente — denuncia Alessandro Olivi, consigliere provinciale del Partito Democratico —. Mancano circa 20 milioni, una cifra enorme che vuol dire in prospettiva meno protezione per i lavoratori e meno strumenti per le imprese che vogliono resistere». La responsabilità, secondo Olivi, è anche della Giunta provinciale, che si sta mostrando troppo «remissiva, attendista e timida sul tema del lavoro». Per il consigliere il Fondo di solidarietà territoriale trentino rischia di «diventare un espediente per far risparmiare lo Stato». Ma nel pomeriggio l’assessore Spinelli ha chiarito che ulteriori fondi romani per la cassa integrazione sono previsti, oltre agli 8,5 miliardi già arrivati. «Non c’è nessun immobilismo da parte della Giunta. L’Alto Adige in questa fase ha ricevuto più risorse per la cassa in deroga perché lì il fondo provinciale non tutela i lavoratori delle imprese con meno di 6 dipendenti. Il Trentino però, come abbiamo stabilito in diversi colloqui avuti in questi giorni con il Ministero e i vertici dell’Inps, riceverà più risorse dallo Stato nelle prossime assegnazioni anche a valere sull’articolo 19 del decreto Cura Italia». Per la Cig sono poi stati diffusi i due massimali, che dipendono dalla retribuzione mensile lorda: per chi non supera 2.159 euro, il massimale è di 939 euro netti; mentre chi ha una retribuzione più alta avrà un massimale di 1.129 euro.
Continuano intanto le chiusure delle aziende che non fanno parte delle produzioni essenziali, come previsto dal decreto di domenica. Non senza qualche contrasto tra sindacati e imprenditori. Come alla Marangoni di Rovereto, che è considerata tra le attività che può continuare la produzione ma per cui i sindacati hanno richiesto una verifica al Commissario del Go
verno una verifica se si tratti davvero di un’attività necessaria. «Quella dei sindacati è una posizione gravissima perché con l’intento di proteggere i lavoratori mette in pericolo l’economia del territorio e del Paese — commenta il presidente Vittorio Marangoni —. Noi, in questo momento, produciamo pneumatici per autocarri, fondamentali per garantire il trasporto di merci e beni di prima necessità, soprattutto in questo momento dove non è così semplice rifornirsi dall’estero». La salute dei lavoratori sta a cuore anche alla stessa Marangoni: «Abbiamo preso tutte le misure previste dalle disposizioni e stiamo valutando una riduzione dei giorni di produzione: è possibile che lavoreremo solo 3 giorni alla settimana. E aggiungo che stiamo riducendo i turni, scaglionandoli per evitare assembramenti e con una cinquantina di operai in tutto impiegati. Stiamo facendo il massimo».
Il Gruppo Calzedonia, intanto, ha optato per la riconversione di alcuni dei propri stabilimenti (tra cui quello di Avio) per dedicarlo alla produzione di mascherine e camici, partita lunedì 23 marzo. La conversione è stata possibile sia grazie all’acquisto di macchinari speciali per la creazione di una linea semi-automatica, sia formando le cucitrici al nuovo tipo di produzione. Questo nuovo assetto permetterà la produzione di 10.000 mascherine al giorno nella fase iniziale, ma si prevede un incremento delle unità prodotte nelle prossime settimane. La consegna delle mascherine è iniziata lunedì 23 marzo con le prime 5.000 donate al comune di Verona.