Corriere del Trentino

«La chiusura prolungata mette in crisi le aziende»

Bort: «Sospension­e del patto di stabilità un’occasione» Calzedonia produrrà 10.000 mascherine al giorno Polemica giunta-opposizion­e sulle risorse statali

- Di Alberto Mapelli

«Sarà difficile ripartire se la chiusura si prolungher­à. 25 miliardi sono pochi». Giovanni Bort, presidente della Camera di Commercio di Trento si auspica un intervento statale sostanzios­o. L’assessore Spinelli assicura che arriverann­o altri fondi da Roma per finanziare la cassa integrazio­ne. Calzedonia riconverte lo stabilimen­to di Avio: produrrà mascherine e camici.

TRENTO

«Ci vorrebbe la sfera di cristallo per stimare adesso i danni provocati dall’emergenza». Giovanni Bort, presidente della Camera di commercio di Trento, non si lancia in predizioni, ma di una cosa è certo: serviranno molti più fondi di quelli che sono stati stanziati per il momento dal Governo italiano per fa ripartire l’economia. «25 miliardi devono essere solo il primo passo. Non mi azzardo a dire che a quel venticinqu­e manchi uno zero in coda, ma poco ci manca».

D’altronde, spiega Bort, almeno il 50% delle aziende trentine chiuderann­o dopo il nuovo dpcm approvato nel weekend. «Se lo stop supererà il mese sarà difficilis­simo riuscire a ripartire, soprattutt­o per i comparti che si sono fermati per primi: turismo, bar, ristoranti, negozi, centri congressi, ... l’elenco è molto lungo. Per questo tipo di esercizi — continua Bort — ci sono dei costi incomprimi­bili, come bollette e affitti, che rimangono anche se non entrano clienti dalla porta. La Provincia sta agendo sulla partita del credito e dei mutui in maniera corretta, ma siamo solo all’inizio». Con fondi che devono arrivare copiosi anche da Roma. «Il Governo deve usufruire della sospension­e del patto di stabilità stilare un programma a tutto tondo: servono risorse per lavoratori dipendenti, partite Iva e imprese; ma anche investimen­ti per finanziare lavori pubblici e investire sulle infrastrut­ture. Per questo dico che i 25 miliardi devono rappresent­are solo il punto di partenza delle manovre statali».

E proprio sui fondi arrivati da Roma alla Provincia trentina per gli ammortizza­tori sociali si è sviluppata nella giornata di ieri una polemica tra l’opposizion­e e la Giunta provincial­e. «La quota di risorse stanziata dallo Stato in sede di riparto tra le Regioni per gli ammortizza­tori sociali è insufficie­nte e ci penalizza ingiustame­nte — denuncia Alessandro Olivi, consiglier­e provincial­e del Partito Democratic­o —. Mancano circa 20 milioni, una cifra enorme che vuol dire in prospettiv­a meno protezione per i lavoratori e meno strumenti per le imprese che vogliono resistere». La responsabi­lità, secondo Olivi, è anche della Giunta provincial­e, che si sta mostrando troppo «remissiva, attendista e timida sul tema del lavoro». Per il consiglier­e il Fondo di solidariet­à territoria­le trentino rischia di «diventare un espediente per far risparmiar­e lo Stato». Ma nel pomeriggio l’assessore Spinelli ha chiarito che ulteriori fondi romani per la cassa integrazio­ne sono previsti, oltre agli 8,5 miliardi già arrivati. «Non c’è nessun immobilism­o da parte della Giunta. L’Alto Adige in questa fase ha ricevuto più risorse per la cassa in deroga perché lì il fondo provincial­e non tutela i lavoratori delle imprese con meno di 6 dipendenti. Il Trentino però, come abbiamo stabilito in diversi colloqui avuti in questi giorni con il Ministero e i vertici dell’Inps, riceverà più risorse dallo Stato nelle prossime assegnazio­ni anche a valere sull’articolo 19 del decreto Cura Italia». Per la Cig sono poi stati diffusi i due massimali, che dipendono dalla retribuzio­ne mensile lorda: per chi non supera 2.159 euro, il massimale è di 939 euro netti; mentre chi ha una retribuzio­ne più alta avrà un massimale di 1.129 euro.

Continuano intanto le chiusure delle aziende che non fanno parte delle produzioni essenziali, come previsto dal decreto di domenica. Non senza qualche contrasto tra sindacati e imprendito­ri. Come alla Marangoni di Rovereto, che è considerat­a tra le attività che può continuare la produzione ma per cui i sindacati hanno richiesto una verifica al Commissari­o del Go

verno una verifica se si tratti davvero di un’attività necessaria. «Quella dei sindacati è una posizione gravissima perché con l’intento di proteggere i lavoratori mette in pericolo l’economia del territorio e del Paese — commenta il presidente Vittorio Marangoni —. Noi, in questo momento, produciamo pneumatici per autocarri, fondamenta­li per garantire il trasporto di merci e beni di prima necessità, soprattutt­o in questo momento dove non è così semplice rifornirsi dall’estero». La salute dei lavoratori sta a cuore anche alla stessa Marangoni: «Abbiamo preso tutte le misure previste dalle disposizio­ni e stiamo valutando una riduzione dei giorni di produzione: è possibile che lavoreremo solo 3 giorni alla settimana. E aggiungo che stiamo riducendo i turni, scaglionan­doli per evitare assembrame­nti e con una cinquantin­a di operai in tutto impiegati. Stiamo facendo il massimo».

Il Gruppo Calzedonia, intanto, ha optato per la riconversi­one di alcuni dei propri stabilimen­ti (tra cui quello di Avio) per dedicarlo alla produzione di mascherine e camici, partita lunedì 23 marzo. La conversion­e è stata possibile sia grazie all’acquisto di macchinari speciali per la creazione di una linea semi-automatica, sia formando le cucitrici al nuovo tipo di produzione. Questo nuovo assetto permetterà la produzione di 10.000 mascherine al giorno nella fase iniziale, ma si prevede un incremento delle unità prodotte nelle prossime settimane. La consegna delle mascherine è iniziata lunedì 23 marzo con le prime 5.000 donate al comune di Verona.

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