La clausura di Volmer «Il mio tempo intimo tra romanzi e sinfonie»
Il direttore della Haydn: un saluto a Trento e Bolzano
La voce al telefono di Arvo Volmer attraversa in un lampo le Alpi e poi scandisce: «Mi farebbe un favore? Posso salutare in questa intervista il pubblico di Bolzano e di Trento della Haydn e tutti i vostri lettori? Speriamo di rivederci presto, per favore riguardatevi». Anche per il direttore musicale dell’orchestra Haydn è tempo di clausura domestica. Il 31 marzo e il primo aprile avrebbe diretto, per la stagione sinfonica, due grandi pagine di Beethoven, la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 36 e il Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 61.
Nato nel 1962 a Tallinn (Estonia), Arvo Volmer ha studiato direzione d’orchestra con Olev Oja e Roman Matsov al Conservatorio della propria città natale, passando successivamente al «Rimskij-Korsakov» di Leningrado. Dal 1994 al 2005 è stato direttore artistico e musicale dell’Orchestra Sinfonica di Oulu (Finlandia) e dal 2004 al 2013 «Principal Conductor e Music Director» dell’australiana Adelaide Symphony Orchestra. Debutta con l’Orchestra Haydn nell’ottobre del 2012, dirigendo il concerto d’inaugurazione della stagione. Dal 2014 ne è il direttore principale.
Maestro Volmer, anche lei dunque a casa e impossibilitato a raggiungere la nostra regione per le prossime direzioni?
«Sì, certo. E le dirò che al momento la cosa inizia a piacermi: il “mio” tempo in famiglia e in compagnia di libri e spartiti».
Che significato ha per lei convivere, sia pure a distanza per fortuna, con il coronavirus?
«Il coronavirus è un ennesimo richiamo a noi esseri umani che il nostro pianeta non desidera ulteriori squilibri devastanti a causa di attività che perpetuano la distruzione della Natura e degli ordella ganismi viventi».
La musica dal vivo è chiusa per coronavirus. Che tipo di problema genera per la nostra cultura?
«Ah, spero davvero che si tratti di un problema e di un “fermo” temporanei, molto temporanei. Niente, del resto, abbatte la musica eseguita dal vivo. Soprattutto se si tratta opportunità di fare musica da camera in un Paese differente dal nostro di origine. Oppure se penso a suoni abbastanza interessanti di altri continenti».
Il suo lavoro con l’orchestra Haydn?
«Spero che tutti i miei colleghi stiano bene e anche le loro famiglie. Suoneremo ancora insieme, naturalmente. anche se non so quando».
Che cosa sono per lei il silenzio, la pausa?
«Per me il silenzio è un momento importante per pensare e fermare la corsa. Un antidoto contro la fretta, anche».
Quali libri sta leggendo?
«Di Wilhelm Furtwängler Notebooks 1924-54, di Alessandro Baricco Seta (ma io leggo in inglese)».
E quali pagine di musica, sinfonica, da camera, operistica sta ascoltando in questo periodo?
«Di Ravel “L’enfant et les sortilèges” e “Ma mère l’oie”, di Verdi “Giovanna d’Arco”, di Beethoven Le Sinfonie, in particolare la Numero 2».
Quando pensa di poter tornare a Bolzano per la sua attività di direttore? Lei di solito si ferma a lungo in modo da organizzare con l’orchestra Haydn prove molto accurate?
«Non ne ho la più pallida idea. Dobbiamo solo aspettare e vedere il da farsi».
E che cosa manda a dire ai suoi musicisti, dopo gli auguri a tutti loro?
«Che si riguardino, che stiano bene. E lo stesso vale, lo ripeto, per il nostro caro pubblico e infine per tutte le lettrici e tutti i lettori di questo giornale».
La filosofia
Per me il silenzio è un momento importante per pensare e fermare la corsa. Un antidoto anche contro la fretta