«Rsa come bombe, situazione sfuggita»
Il presidente della Consulta attacca la governance Ferro: «Analisi salivare sugli ospiti? Studieremo le varie situazioni, li faremo su campioni significativi»
«Le Rsa erano pronte ad esplodere, ma discutevano della chiusura dei negozi di fiori». Il presidente del Comitato Salute Renzo Dori attacca la Provincia. «Numeri ballerini, fenomeno sottovalutato. Ora il personale è in affanno».
TRENTO «Ci sono stati ritardi e il fenomeno è stato sottovalutato. Avevano una bomba di 4.500 ospiti non autosufficienti nelle Rsa pronta ad esplodere e discutevano della chiusura dei negozi di fiori. Non ha senso». L’affondo del presidente della Consulta provinciale per la Salute, nonché ex presidente della casa di riposo di Povo, Renzo Dori, arriva l’indomani delle polemiche scoppiate sui numeri dei decessi e dei contagi nelle Residenze sanitarie assistite trentine.
«I numeri sono ballerini, è vero», ammette Dori. «Sono partiti tardi nella rilevazione — spiega — inoltre non tutti vengono sottoposti al tampone per verificare se il decesso è causa diretta da coronavirus oppure no». Ieri si erano diffuse voci sulla presunta decisione dell’Azienda di sospendere i tamponi sugli ospiti delle Rsa. Notizia smentita in serata dal direttore del Dipartimento di prevenzione, Antonio Ferro. «È prevista la somministrazione su un campione significativo», spiega. Il che significa che l’analisi salivare non sarà fatta a tutti? «Studieremo le varie situazioni e stabiliremo quanti farne, ma per quanto riguarda il personale il tampone sarà fatto a tutti».
Tornando ai numeri, fanno riflettere i dati illustrati nelle ultime settimane. Il dottor Enrico Nava, direttore dell’integrazione socio sanitaria, una decina di giorni fa, snocciolando i dati sulla mortalità all’interno delle case di riposo, aveva parlato di un aumento di poche unità (10-20) di decessi rispetto agli anni precedenti, pochi giorni dopo ha aggiustato il tiro parlando di oltre 100 casi in più. È chiaro, e comprensibile, che in contenitori di fragilità come le case di riposo ci sia una «mortalità consolidata», ma oggi il quadro è decisamente differente. «Nell’arco di un anno si registra una mortalità del 25-30% — spiega Dori — ma ora abbiamo 200 morti nell’arco di un solo mese». Secondo il presidente della Consulta c’è stata «una sottovalutazione. È un problema molto serio che per le Rsa si aggrava e porta a un picco di morti, oltre il 50% dei decessi per Covid-19 è in Rsa».
Il rebus sui numeri deriverebbe anche da un doppio problema: la residenza (non tutti sono residenti in Rsa e quindi i decessi possono essere conteggiati due volte o in alcuni casi non risultano nella struttura, ma all’interno dei Comuni) e poi c’è la polemica in atto, anche a livello nazionale, sul calcolo dei morti. «Il nodo è: se uno muore con il coronavirus o per Covid, spesso le persone fragili, affette da altre patolouno che muoiono non vengono inserite tra i decessi per Covid19. Ma se non c’era il coronavirus probabilmente non sarebbero morte», commenta Mario Raffaelli, ex parlamentare e sottosegretario agli Esteri per più legislature e ora membro del comitato nazionale Azione Trentino in Azione. La confusione e i numeri fotografano una gestione dell’emergenza «un po’ superficiale» secondo Dori che è critico anche sul rifornimento dei Dpi (dispositivi di protezione individuale).
«Upipa ha lanciato un forte appello per avere un rifornimento minimo. Ci si è concentrati sulla rianimazione, ed è giusto, prima avevamo solo 36 posti, 20 a Trento e 16 a Rovereto, ora ne abbiamo quasi cento, è stato fatto un grande sforzo — riflette ancora Dori —, ma ci siamo dimenticati che avevamo delle bombe innescate». Il presidente della Consulta solleva poi il problema del personale, si parla di circa 6.000 dipendenti, tra Osa e Oss, poi ci sono gli infermieri, ogni 60 posti letto, e un medico qualche ora al giorno. «Prima poteva funzionare, ma non ora», dice Dori. «Bisognava riflettere, pensare di aumentare le ore di presenza del medico. Ormai la situazione è sfuggita di mano. Il personale è sotto stress, vive una situazione di mortalità molto accelerata alla quale non è abituato. Bisogna avere un supporto dal punto di vista scientifico per evitare che ci sia un’estensione del contagio». Ma Dori ha qualcosa da dire anche sui medici: «Li definiscono eroi ed è vero, ma io parlerei anche di “omicidi indiretti”, li hanno lasciati senza presidi e loro, che hanno una coscienza deontologica, hanno continuato a lavorare nonostante i rischi».
Dori
I numeri dei decessi e contagi sono ballerini, il fenomeno è stato sottovalutato
Il personale
Sono tutti in affanno, dovevano pensare ad aumentare le ore di presenza dei medici di base