LA CRISI SARÀ UNA SVOLTA, PREPARIAMOCI
La crisi dettata dal Covid-19 sarà una svolta. Dobbiamo quindi prepararci. Andranno fatti investimenti nella sanità e nella formazione e ricerca.
Il presidente del Consiglio dei ministri ha prorogato fino al prossimo 13 aprile l’efficacia dei provvedimenti adottati per fronteggiare l’emergenza-virus. Un’eventuale, ulteriore proroga dipenderà dall’andamento della diffusione del contagio. Può sembrare paradossale interrogarsi oggi, in piena emergenza, sul dopo crisi, cioè su quello che dovremo fare per tornare alla normalità attraverso un percorso che si preannuncia lungo e difficile.
Si preannuncia lungo perché, una volta azzerata, si dovrà fare in modo che la curva dei contagi non riprenda a salire. Difficile perché per il sistema-Paese la ripresa non sarà scontata. Ci saranno, alla fine di questo periodo, diverse fasi: quella di un’emergenza attenuata; quella di una graduale normalizzazione; quella di una ripresa comunque sorvegliata di tutte le attività: un po’ come quando si è convalescenti da una malattia importante e si torna poco alla volta, con qualche apprensione e qualche incertezza, ai funzionamenti che prima si davano per scontati. È importante essere consapevoli di questo, per non alimentare l’illusione che fra un mese o due tutto sarà passato. Perché non sarà così. Ed è importante chiedersi che faccia avrà la normalità, di fronte al sospetto, tutto tranne che peregrino, che tale pandemia non rimarrà soltanto un brutto ricordo. Perché non tornerà semplicemente tutto come prima. Purtroppo, ma anche per fortuna. Purtroppo, perché questa crisi ci lascerà un’eredità pesante, fatta di lutti, di ombre e di smentite. Ma anche per fortuna, se è vero che ogni crisi — come ci insegna il significato che il linguaggio medico dà a questa parola — è anche un’occasione per cambiare e per crescere. La crisi, ci dice la medicina, è quel momento del decorso di una malattia nel quale si decide se è possibile arrivare alla guarigione. Una crisi però, come ci ricorda Habermas, non è solo qualcosa di oggettivo, soprattutto se ne va della nostra sopravvivenza, perché riguarda necessariamente anche il modo in cui noi la viviamo, la nostra capacità di reagire, il significato che le diamo.
La crisi è una svolta. Dopo CV-19 saremo sempre noi, ma saremo diversi. Dovremo elaborare un sentimento di perdita. È importante, oggi, provare ad immaginare questa differenza e cercare di prepararla, tanto nelle politiche pubbliche quanto nei nostri comportamenti. Dice il Qoelet: «Per tutto c’è il suo momento, ogni cosa ha il suo tempo sotto il cielo» (Ecclesiaste, 3,1). Qualcosa da questi strani e inattesi giorni l’abbiamo forse imparata: che bisogna tornare a investire sul sistema sanitario pubblico, che non può reggersi solo sull’abnegazione, troppe volte vicina al volontariato, di chi ci lavora; che bisogna tornare a investire in formazione e ricerca; che bisogna ripensare un modello di sviluppo che abbiamo dato per scontato come se, nelle nostre vite, non ci fosse un domani; che il lavoro non è solo un fattore produttivo e dobbiamo ridargli valore e dignità; che certe volte dobbiamo rinunciare a qualche libertà, ma non possiamo rinunciare alla libertà; che, quando c’è stato un motivo, siamo stati capaci di farcela. Forse sapremo ricordarcene.