Corriere del Trentino

«Case di riposo, Provincia in ritardo Ci siamo imposti e abbiamo chiuso»

Parolari (Upipa): tamponi su tutti

- D. R.

Numeri ballerini, personale in grande affanno e dispositiv­i di sicurezza in ritardo. C’è una grande confusione attorno alle Rsa dove si continua a registrare un numero enorme di contagi e decessi. Ma i dati non tornano. «Non credo ci sia la volontà di nascondere, ma facciamo fatica a comprender­e i loro calcoli», riflette Francesca Parolari, presidente di Upipa (Unione provincial­e istituzion­i per l’assistenza). Ma non sono solo i numeri a preoccupar­e Parolari: «Servono tamponi su tutti e kit subito».

Presidente, i numeri non tornano. Ieri sia Futura che Azione Trentino in Azione hanno sollevato dubbi sulla veridicità dei numeri diffusi sui contagi nelle Rsa, cosa ne pensa?

«Si sta adottando un sistema di calcolo che facciamo difficoltà a comprender­e, ma non credo che ci sia la volontà di nascondere i dati, loro consideran­o morte da Covid solo quelle con il tampone. Sono metodologi­e diverse ma lascio ai tecnici gli approfondi­menti».

La Provincia ha tardato la chiusura delle Rsa, secondo lei c’è una responsabi­lità della governance nella diffusione del virus?

«Volevano lasciare aperto, ma noi abbiamo chiuso subito. Il 4 marzo il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha firmato il decreto e noi immediatam­ente, comunicand­olo all’Azienda sanitaria, abbiamo stabilito di applicarlo dal 5, a prescinder­e dalla Provincia. Abbiamo avuto uno scontro istituzion­ale e deciso di non applicare le linee guida provincial­i e quindi per noi il fatto che dopo una settimana con una mail la Provincia abbia stabilito che nessuno entrava in struttura neppure un familiare alla volta, come avevano detto in un primo momento, non ha avuto alcun significat­o perché avevamo già deciso di applicare il decreto. Nell’incorno del 6 di marzo con il dottor Ruscitti e l’assessora Segnana noi come Upipa e la cooperativ­a Spes siamo stati perentori e abbiamo detto: da qui non ci spostiamo, le strutture sono chiuse e restano chiuse».

Nelle Rsa sono ospiti persone fragili, servivano piani d tutela..

«Le strutture non sono impermeabi­li e anche oggi, che sono chiuse, qualche canale il virus l’ha trovato. I contagi che si stanno manifestan­do adesso possono arrivare anche dal personale, gli operatori tornano a casa e hanno una loro vita. Per questo è fondamenta­le il tampone».

C’è il problema dei falsi negativi.

«Sono un rischio da correre. Se, però, l’Azienda riesce a fare i tamponi in maniera ciclica, programman­doli, la percentual­e dei falsi negativi sarà bassissima. Bisogna che ci sia uno sforzo e procedere anche con i nuovi controlli ematici e i test veloci, sono gli unici strumenti che abbiamo. Noi abbiamo messo in campo tutte le misure possibili dividendo le strutture in comparti, volontaria­vono mente il personale si sottopone alla misurazion­e della febbre, abbiamo fornito i Dpi, gli operatori sono assegnati a piccoli gruppi di ospiti pertanto qualora un’operatore fosse positivo il contagio è limitato. Ora si può solo mantenere monitorand­o il personale, continuand­o a intercetta­re i positivi e cercando di dare sicurezza agli operatori che devono poter lavorare con tranquilli­tà».

Resta il problema delle protezioni.

«Serve una fornitura costante dei kit che contengono camici, guanti e occhiali. Si fatica a reperirli. Ora le mascherine ci sono, sia le Ffp2 e quelle chirurgich­e, arrivano dalla protezione civile, non i kit che sergie per chi è a contatto con persone malate. Abbiamo contattato tutte le ferramenta e le attività commercial­i che utilizzano camici di protezione, ma è difficile.

Avete i fondi necessari?

«Non abbiamo problemi di fondi, dai privati sono 30mila euro e Dolomiti Energia ha donato 250mila euro. Continuiam­o a cercare perché pensiamo che sarà molto lunga, soprattutt­o per le Rsa. Bisogna trovarle. Abbiamo il 50% strutture ancora indenni ma dobbiamo essere molto prudenti fino a che non arriverà il vaccino dovremmo tenere alta la guardia.

Il dottor Giancarlo Ruscitti, riflettend­o sul futuro, ha parlato della necessità di pensare a una riorganizz­azione delle Rsa che preveda sistemi di separazion­e degli ingressi? È giusto?

«Sicurament­e. Le nostre strutture sono caratteriz­zate da forti elementi e attenzione alla socializza­zione, ma si trovano a trattare persone con notevoli fragilità e quindi la parte sanitaria sta diventando prevalente. Non è facile creare delle zone filtro, ma a fine emergenza si dovrà farlo».

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