LE NUOVE REGOLE DEL CAPITALISMO
Siamo entrati nel mese di aprile e la pandemia da coronavirus non dà tregua. Dal 31 gennaio, giorno in cui venne decretata l’emergenza sanitaria nel Paese senza che a essa seguisse una misura tempestiva di contrasto, sono passati due mesi. Mesi dominati purtroppo da un’unica notizia presente, giorno dopo giorno, su televisioni e quotidiani: «Coronavirus...coronavirus...coronavirus... Contagiati...positivi...deceduti...dimessi...
Il nostro Paese sta affrontando uno sforzo immane per far fronte a questo dramma epocale. Dramma che ci segnerà in maniera indelebile stravolgendo le nostre vite, la nostra quotidianità, il nostro lavoro, la nostra socialità. Ci stiamo rendendo conto ora di come l’attualità che ci sovrasta stia condizionando il nostro futuro e quello dei nostri figli. Personalmente non so come sarebbe andata a finire se chi ci governa, anziché attendere e lanciare messaggi fuorvianti e ridicoli (poco più di un’influenza stagionale, cene in ristoranti cinesi per tranquillizzare la gente ecc.) avesse adottato fin da subito misure draconiane di contenimento del virus. Sono sicuro però che il contagio sarebbe stato più contenuto, meglio controllabile e, di conseguenza, con un numero di decessi inferiore. Non so dire di quanto, ma fosse anche una sola unità sarebbe un dato del tutto positivo.
Ora alla preoccupazione per quello che non è stato fatto nei tempi utili si aggiunge la preoccupazione per quello che si dovrà fare per risollevarci e far ripartire un Paese stremato e, sfortunatamente, governato da dilettanti incapaci e privi di qualsiasi visione di futuro. Nulla a che vedere con le capacità intellettuali e politiche dei nostri padri fondatori della Repubblica e artefici della ricostruzione economica del dopoguerra. Senza presunzione e senza voler insegnare niente a nessuno — non mi permetterei mai — mi prendo la libertà di fare una riflessione sull’emergenza economica che attende il Paese subito dopo quella sanitaria e che molto probabilmente riscriverà le regole del capitalismo moderno. La chiusura forzata delle attività economiche rallenterà pesantemente l’economia, avviando una fase recessiva che coinvolgerà le nazioni e farà perdere in modo massiccio posti di lavoro. Povertà e forte rallentamento dei consumi contribuiranno a far scendere il reddito nazionale ai minimi storici dalla fine della 2° Guerra Mondiale.
Il brusco calo della produzione industriale e la mancanza di liquidità necessaria al pagamento di stipendi e fornitori innescherà un effetto domino che travolgerà tutto e tutti. Ivi compreso il sistema bancario che si troverà nella situazione di veder crescere i propri crediti deteriorati a fronte di una crescita esponenziale della domanda di finanziamenti a sostegno del sistema produttivo delle grandi, medie e piccole imprese. Un impegno finanziario insostenibile se supportato dal solo sistema bancario. Facendo mio il pensiero espresso da Mario Draghi sul «Financial Times» serve intervenire con la massima urgenza con un’immissione massiccia di liquidità in tutti i gangli dell’economia. Imprese e famiglie devono poter tornare in tempi rapidi a produrre e consumare. Anche una moratoria fiscale potrà contribuire a mantenere la liquidità nel sistema produttivo del Paese e la sua durata dovrà essere commisurata al livello di crescita che man mano sarà raggiunto. Il debito pubblico uscirà dai parametri di riferimento imposti ma questo ha poca importanza. Va salvato il lavoro, va salvata la filiera produttiva vanno rimessi in moto gli investimenti pubblici e i cantieri al di là dei vari patti di stabilità. Se non sarà così si navigherà verso un default in cui il credito statale non sarà più rimborsabile. Sarà caos e miseria.
Lo Stato dovrà intervenire massicciamente con partecipazioni (no nazionalizzazioni) nelle maggiori banche per poter sostenerne la loro attività e i loro bilanci in modo tale da rendere rapida e capillare l’immissione di liquidità nella catena produttiva e a favore delle famiglie. Questo e solo questo dovrà essere il nuovo new deal italiano che comporterà da un lato la riscrittura delle regole del capitalismo moderno e della partecipazione all’Unione Europea e, dall’altro, la demolizione della burocrazia. Credo onestamente che l’unico in grado di avviare e sostenere questo impegnativo percorso sia Mario Draghi e nessun altro.
Futuro
Il brusco calo della produzione e la mancanza di liquidità innescherà un effetto domino
Coraggio
Va salvato il lavoro, così la filiera produttiva. Vanno fatti investimenti pubblici al di là dei patti di stabilità