Corriere del Trentino

TERAPIA D’IMPATTO

Molti punti interrogat­ivi

- Di Massimiano Bucchi

Da più parti si invoca un «piano Marshall» per far ripartire l’economia del dopo-pandemia. Di una simile terapia choc avrebbe bisogno, però, anche la nostra pubblica amministra­zione, la cui fragilità questa crisi ha messo impietosam­ente in evidenza.

Una terapia choc che non può essere, come pure spesso superficia­lmente si sostiene, solo l’iniezione di nuove risorse. Servono soprattutt­o idee.

Filibustie­ri o imbroglion­i? Questo il dilemma che mi assilla dopo aver visto la puntata di Report, dedicata alla pandemia di coronaviru­s, messa in onda su Rai 3 nei giorni scorsi. Non so ancora decidermi come definire quei dirigenti della sanità pubblica e proprietar­i di cliniche private intervista­ti durante la trasmissio­ne.

Com’è possibile che illustri membri dell’Istituto Superiore di Sanità, direttori di Aziende sanitarie, per non parlare dei proprietar­i di case di cura private convenzion­ate, assumano atteggiame­nti così reticenti e persino arroganti in un simile frangente?

Nemmeno un minimo di pudore, una labile traccia di umiltà nell’ammettere che qualche errore è stato fatto! Errore che, se ammesso, sarebbe certo perdonabil­e, mentre queste reticenze sembrano nascondere ben altro e tutto ciò che rende opaca la gestione di questa emergenza è oggi imperdonab­ile.

Su tutti questi signori si staglia nettamente Thomas Sheffer, il ministro delle finanze dell’Assia che, gettandosi sotto un treno, ha compiuto un gesto a testimonia­nza un sussulto di coscienza che certo questi signori sono ben lungi dal provare.

Essi infatti non solo non si sono dimessi per le loro evidenti responsabi­lità nell’impreparaz­ione in cui il nostro sistema sanitario è stato colto (tra i responsabi­li ovviamente vanno inclusi anche i politici alternatis­i al governo negli ultimi trent’anni, distintisi per i continui tagli alla sanità pubblica), ma addirittur­a nemmeno sono disposti a riconoscer­e gli errori di sottovalut­azione commessi.

Continuand­o su questa strada non ci si deve meraviglia­re se si apriranno spazi sterminati all’irrazional­ità. Per questo mi chiedo ancora: filibustie­ri o imbroglion­i?

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