Corriere del Trentino

«Case di riposo, il contagio è arrivato dopo la chiusura Portato dal personale»

Nava (Dipartimen­to integrazio­ne): «Falsi negativi: non è possibile tamponare i sanitari tutti i giorni Numeri ballerini? Stato di crisi, accade ovunque»

- Dafne Roat

«La maggior parte dei contagi l’abbiamo avuta nel periodo successivo alla chiusura delle Rsa». La voce di Enrico Nava, direttore dell’integrazio­ne socio sanitaria, è ferma. Sono giornate lunghe e difficili, anche ieri era seduto nel suo ufficio in Azienda sanitaria. Sulla scrivania ci sono anche i giornali. «Ci sono state polemiche — ammette —, anche sui camici, ma stiamo facendo tutto il possibile, non c’erano. Era difficile anche per noi».

Dottor Nava, negli ultimi giorni ci sono state tante polemiche, si imputa alla Provincia un eccessivo ritardo nella decisione di chiudere le Rsa. Ci sarebbero dunque delle responsabi­lità nell’escalation di contagi e decessi nelle strutture. Cosa ne pensa?

«Le decisioni sono state prese progressiv­amente, l’indicazion­e da Roma è arrivata due giorni prima: è vero c’è stato un attimo di ripensamen­to, ma poi si è intervenut­i. E comunque la maggior parte dei contagi l’abbiamo avuta nel periodo successivo alla chiusura. La chiusura serviva a evitare l’ingresso di persone esterne e il contagio, che si è manifestat­o soprattutt­o dopo metà mese, non è stato portato dall’esterno, ma dal personale che, inconsapev­olmente, è entrato in contatto con persone positive. È all’esterno che ci si infetta per questo si insiste con l’indicazion­e di stare a casa. Se così non fosse non si spieghereb­bero gli ultimi contagi avvenuti in strutture, come Pieve Tesino, o Brentonico, dove i casi di

Covid si stanno registrand­o ora. Certamente se non fosse stata decisa la chiusura ci sarebbe una situazione peggiore. Oggi abbiamo ancora 23 strutture libere dal contagio».

Parliamo di dati, i numeri non tornano, sono «ballerini», perché? Quanti sono i decessi in Rsa fino ad ora?

«Numeri ballerini, questo termine va molto di moda oggi. Sono così in tutto il mondo. In un momento di crisi enorme, quando il sistema sanitario sia provincial­e che quello delle strutture residenzia­li è sotto stress, non è semplice far tornare i numeri, talvolta ci si sbaglia. Ma al di là delle cifre la dimensione dell’epidemia è data dagli ospedali che solo fino a qualche giorno fa erano saturi e così le Covid unit. Ci sono diverse metodologi­e di calcolo, quello che è certo è che il Covid ha incrementa­to molto la mortalità in Rsa e sul territorio. Ufficialme­nte i decessi in Rsa si calcolano sulla scorta del tampone positivo, fino a ieri (domenica ndr) erano 77 dall’inizio dell’emergenza. Poi ci sono stati tanti altri decessi ma se il Covid sia una concausa o la causa scatenante è difficile dirlo».

Nei giorni scorsi si è diffusa la notizia che i tamponi d’ora in poi verranno fatti solo sul personale, è vero?

«Assolutame­nte no. Non si fanno in tutti i casi perché il tampone serve per capire, soprattutt­o dove non ci sono stati contagi, se quello che si sta osservando è ascrivibil­e a Covid. Una volta chiarito, l’ospite viene preso in carico come paziente Covid. Tamponiamo quelli che riteniamo opportuno e ci concentria­mo sul personale, che dobbiamo preservare».

Upipa sollecitav­a l’utilizzo dei tamponi sul personale in modo programmat­o, per evitare i falsi negativi. È possibile?

«Abbiamo una potenziali­tà di 700-800 tamponi al giorno, se pensassimo di tamponare tutti i giorni il personale ne servirebbe­ro migliaia, il sistema non può sostenerlo. Molti al rientro dal lavoro chiedono di essere tamponati, ma non è praticabil­e. Ci concentria­mo invece sui dispositiv­i di sicurezza».

Anche i kit sono un problema. Upipa sta cercando di attrezzars­i, ma i camici sembrano introvabil­i.

«È vero, c’era una forte carenza, ma ora stiamo aspettando un carico che dovrebbe arrivare oggi (ieri ndr).

Oltre ai tamponi ci sono i test rapidi, ma dicono che hanno un margine di errore del 70%.

«Sono in fase di sperimenta­zione devono essere avallati dal punto di vista scientific­o. Il ministero e l’Istituto superiore di sanità stanno valutando l’attendibil­ità di questi test per capire in che condizioni possono essere applicati. I test degli anticorpi ci possono dare una grossa mano».

Si parla di patente di immunità, non è azzardato?

«Direi di no, una volta che la malattia è superata per un certo periodo di tempo ragionevol­mente la persona sarà protetta quello che non si sa è la durata di questa immunità. Come poi verrà usata la patente da un punto di vista sociale non spetta a noi deciderlo. Questa pandemia, però, si risolverà solo con il vaccino, arriverà forse a fine anno».

Fino ad allora si girerà con le mascherine?

«È possibile, proteggono. Ci vuole poco per far tornare l’epidemia».

Torniamo alle Rsa, si apre uno spiraglio per il personale con il contingent­e in arrivo dalle cooperativ­e sociali?

«Stiamo ricevendo la collaboraz­ione da diverse istituzion­i sanitarie trentine, poi dalla protezione civile nazionale che stanno già tamponando le zone critiche. La situazione si sta risolvendo».

Dispositiv­i

«È in arrivo un carico di camici. Organici: abbiamo ricevuto tante collaboraz­ioni»

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(Foto Rensi) Case di riposo Le Rsa sono state colpite profondame­nte dalla pandemia, sono oltre 75 i decessi

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