Mascherine, attenzione al fai da te: «Possono raccogliere batteri»
Il farmacista Martini: «Guanti, pericolosi se l’uso che se ne fa è scorretto»
TRENTO Amate, odiate, sicuramente foriere di dubbi e curiosità. Le mascherine sono entrate prepotentemente nella quotidianità di tutti ma molti sono ancora incerti sulle caratteristiche e sulle modalità di utilizzo. «È necessario fare chiarezza — spiega Giorgio Martini, farmacista a Cembra, prossimo alla settima laurea e un passato nel corpo della Marina militare come esperto di virologia e dispositivi di protezione —. Tutti dovrebbero indossare la mascherina con il duplice scopo di non infettarsi e di non contaminare gli altri». Si parla delle mascherine chirurgiche, teoricamente nate per un utilizzo «usa e getta». «Se indossata per un tempo relativamente breve la mascherina può essere disinfettata e riutilizzata: va arieggiata, cosparsa con una soluzione alcolica ed eventualmente messa al sole. Ciò solo se la mascherina stessa non è bagnata di saliva e respiro, in tal caso va buttata in quanto possibile fonte di contagio». Le medesime precauzioni vanno messe in atto per altri dispositivi di protezione individuale: «I guanti servono, ma bisogna ricordarsi che toccarsi il viso o gli occhi con i guanti è pericoloso tanto quanto a mani nude. Alcune delle maggiori forme di diffusione del virus sono i soldi, il bancomat, le chiavi di casa, il cellulare: è necessario prestare attenzione e in particolare quando si entra in contatto con questi oggetti. Anche i guanti, sia quelli in nitrile che quelli in lattice, possono essere lavati e nuovamente utilizzati».
Attenzione invece alle mascherine «fai da te» e alle altre soluzioni — foulard, sciarpe, scaldacolli — che se utilizzate in maniera scorretta possono causare più danni che benefici. «In particolare le mascherine cucite in tessuti non a norma possono essere occasione di raccolta e moltiplicazione di batteri e germi. Inoltre con l’uso di tessuti non trao spiranti come il cotone c’è il rischio di respirare per lungo tempo la propria anidride carbonica, con conseguenze negative — avverte Martini —. In queste settimane molte associazioni e privati si sono dedicati, con grande spirito di collaborazione, alla produzione di mascherine artigianali che sono poi state distribuite anche a operatori sanitari. Bel gesto, ma gravissimo errore: le mascherine non a norma non devono essere utilizzate da chi è a contatto con malati, ma solo come protezione individuale per uscire di casa e andare a fare la spesa. La consapevolezza è fondamentale per non alimentare false sicurezze». Oltre a quelle chirurgiche esistono in commercio anche mascherine costituite da materiale filtrante con una più valvole e progettate per un uso professionale. Tra queste la ffp2 e la ffp3, utilizzate in ambito ospedaliero in quanto garantiscono tassi di efficienza filtrante il 94% e il 98%. Molte aziende, anche locali, hanno deciso di convertire i propri impianti per fornire mascherine alla comunità.
Tra queste l’impianto di Calzedonia ad Avio e La Sportiva di Lorenzo Delladio in val di Fiemme. Ma per poter far entrare le nuove mascherine all’interno degli ospedali e delle Rsa le mascherine devono essere prodotte nel rispetto della norma tecnica che prevede caratteristiche e metodi di prova, indicando i requisiti di resistenza a schizzi liquidi, traspirabilità, efficienza di filtrazione batterica e pulizia da microbi, e devono poi essere certificate dall’Istituto Superiore di Sanità. «Siamo in piena operatività, ma finché non arrivano le certificazioni non voglio spingere sulla massima capacità produttiva» spiega Delladio.
Lorenzo Delladio Finché non arrivano le certificazioni non voglio spingere sulla massima produttività