«Serve un percorso che dia speranza Vietato essere timidi»
Roberto Poli guarda prima al presente: «Quando una ferita è aperta, va tamponata». Poi però proietta lo sguardo in avanti. E invita a «gettare le basi di un percorso di speranza per i prossimi anni». Nel lavoro impostato dalla Provincia per avviare la fase 2, la visione del futurista si inserisce proprio qui. Nel disegnare gli scenari futuri, preparandosi ad affrontare le variabili che si possono presentare nel percorso di rinascita.
Professor Poli, come si esce dalla fase 1?
«Viviamo in un momento dal quale si può uscire in due modi. Si può passare oltre, riprendendo la solita vita. Oppure si può avere la consapevolezza che siamo davanti a una intera serie di cambiamenti importanti, non tutti di tipo sanitario. Se si capisce che si sta andando verso una situazione diversa rispetto al passato, allora diventa chiaro che serviranno attitudini diverse».
La via d’uscita è quindi legata al secondo scenario.
«Attualmente non è chiaro quale delle due modalità prevarrà a livello nazionale. Negli ultimi decenni l’Italia è rimasta nella gabbia del presente. E se torniamo lì, il declino sarà inevitabile. Se invece si capisce che ci si deve attrezzare al cambiamento, allora possiamo avere qualche speranza di prendere in mano il nostro destino. In questo quadro, sarà fondamentale ciò che faranno istituzioni, aziende e associazioni di categoria».
Di qui la sua partecipazione al gruppo di lavoro.
«Posto che nessuno ha la ricetta magica in tasca, è necessario lavorare sulla base dei possibili scenari. Il modo migliore è quello di prepararsi ai diversi esiti possibili, per essere pronti a intervenire a seconda delle variabili che si verificheranno. Un approccio basato sullo strategic foresight, in sostanza».
Vanno considerate le diverse variabili, insomma.
«Una visione di forecasting, di raccolta dati ed estrapolazione, in questo scenario diventerebbe quasi pericolosa, perché non considera appunto le variabili. In una situazione di grande o grandissima variabilità è fondamentale visualizzare gli scenari possibili. E lavorare su finestre temporali lunghe. È chiaro: i problemi vanno gestiti giorno per giorno. Ma non dobbiamo fermarci lì».
La Provincia è intervenuta con le prime misure.
«Quando una ferita è aperta va tamponata. Ma bisogna gettare le basi di un percorso di speranza per i prossimi anni. Non sarei timido: bisogna capire che il Trentino ha tanti punti di forza ma anche qualche elemento di fragilità. L’export, ad esempio: si costruiscano le condizioni affinché le aziende possano affacciarsi al mondo in modo più importante. E si lavori su tre temi: trasparenza, efficacia comunicativa e velocità delle risposte dell’amministrazione. Su questo si costruisce la fiducia della gente».
Il metodo Bisogna prepararsi ad affrontare diverse variabili