Mascherine, scatta l’obbligo: polemica su quelle importate
BOLZANO L’uso di un dispositivo per coprirsi la bocca e il naso, fuori casa, diventa da oggi obbligatorio. Lo ha annunciato ieri, dopo averlo anticipato sabato scorso, il presidente della Provincia Arno Kompatscher: «L’uso di una mascherina o di uno scaldacollo, finora, era solo raccomandato, ma ora diventa un vero e proprio obbligo, la cui violazione sarò sanzionata. Coprirsi le vie aeree è l’unico modo per abbreviare il periodo in cui dovremo subire le conseguenze delle misure di contenimento». Kompatscher ha anche illustrato nel dettaglio il nuovo obbligo: «Appena si esce di casa bisogna portarsi il dispositivo di protezione ed utilizzarlo ogni volta che ci si avvicina alle persone, o c’è la probabilità che ciò avvenga: se si cammina in città, ad esempio, oppure se si entra in un negozio o in luogo chiuso.
Se invece si cammina su una strada deserta o nella natura, allora basta avere appresso i dispositivi ma non serve indossarli, visto che in questi casi non c’è alcun rischio. L’obbligo vale per tutti, a partire dai due anni di età. Spero che questa regola, di scienza e di buon senso — ha auspicato Kompatscher — possa venire accettata dai cittadini. Voglio avvisare che ci saranno i controlli, e dove necessario, le sanzioni». Le multe sono quelle previste per tutte le altre violazioni delle misure preventive contro il coronavirus: 280 euro. Il presidente della Provincia ha spiegato di aver fatto, con questa ordinanza, una sintesi di tante regole adottate in altre zone Inoltre la Provincia ha anche ordinato delle mascherine e dei camici protettivi da destinare al personale sanitario: l’acquisto era stato effettuato in Cina, attraverso una collaborazione con il gruppo Oberalp (Salewa). Il materiale era arrivato in Europa con un aereo cargo dell’Austrian Airlines (solo il volo era costato alla Provincia oltre 700mila euro) ed era stato in parte destinato anche alla Lombardia e al Tirolo. In un articolo apparso sul sito d’informazione Salto.bz, si riferiva che le 500.000 mascherine non corrisponderebbero alla certificazione europea, bensì a quella cinese. In seguito a questa notizia, i sindacati Anaao (medici) e Nursing Up (infermieri) in una nota congiunta hanno subito chiesto «che venga fatta chiarezza». Il direttore generale dell’Azienda sanitaria, Florian Zerzer, ha subito precisato che le mascherine non sono comunque destinate ai reparti di terapia intensivazioni.