Immigrati e imprenditoria: un trend in netta ascesa
In regione sono quasi 13mila. Il valore aggiunto è di 2,3 miliardi
A livello nazionale sono quasi 1 su 10, mentre a livello regionale la percentuale degli imprenditori stranieri si abbassa di qualche punto: al 31 dicembre 2019 le imprese guidate da cittadini nati all’estero in regione erano infatti 12.764, pari al 7,9% del totale delle imprese, con un incremento rispetto agli ultimi 10 anni del 27,1%, mentre si registra una flessione — nello stesso periodo — per le imprese guidate da italiani (4,7%). Ma le differenze tra Trento e Bolzano sono molte.
I dati, da uno studio della Fondazione Leone Moressa sull ’« imprenditoria immigrata », fotografano una realtà che negli ultimi hanno ha visto una continua ascesa: «Nel 2019 gli imprenditori nati all’estero sono 722.712, con un’incidenza del 9,6% sul totale imprenditori. Volgendo lo sguardo agli ultimi dieci anni — si legge nel report della ricerca — appare evidente la differenza tra nati in Italia (6,9%) e nati all’estero (+ 32,7%). Tendenza che si conferma, anche se in modo molto meno marcato, nell’ultimo anno: - 0,6% per gli italiani, + 1,9% per gli stranieri». I dati disaggregati per le due province di Trento e di Bolzano mostrano differenze significative: in Trentino si contano 4.953 imprenditori nati all’estero, una percentuale del 6,5 sul totale, con un aumento del 12,6% nell’ultima decade e una flessione del numero di imprenditori nati in Italia del 9,1%; in Alto Adige gli imprenditori «stranieri» sono molti di più, 7.811, il 9,1% del totale, con un incremento del 38%
Fondazione Moressa Le imprese italiane arretrano, quelle straniere avanzano: il 40% è nei servizi
dal 2010 al 2019, a fronte di una flessione più contenuta degli imprenditori nati in Italia pari allo 0,4%.
Lo sguardo nazionale evidenzia anche il valore aggiunto prodotto dalle imprese guidate da imprenditori nati all’estero: 125,925 miliardi di euro, l’8% del totale. In Trentino-Alto Adige il valore aggiunto prodotto è di 2,372 miliardi di euro, il 5,8% del totale regionale e l’1,9% di quello nazionale. «Per quanto riguarda la suddivisione per settore, la quota prevalente spetta ai servizi con oltre il 40% del totale. Seguono commercio e manifattura, rispettivamente con 28 e 26 miliardi di euro. Osservando l’incidenza del valore aggiunto delle imprese straniere per ciascun settore — si legge nel report — le cose cambiano significativamente: l’incidenza maggiore si registra nelle costruzioni (18,4%), seguite da commercio (14,9%) e ristorazione (12,4%). Significativo anche il peso della manifattura (9,7%), mentre i servizi registrano un’incidenza molto bassa (5,3%)».
Per quanto riguarda invece la nazionalità di provenienza dei titolari delle imprese, la Cina è sul podio. Nel 2019 si conferma infatti il primo paese (75.542), seguita da Romania e Marocco, entrambe con circa 70 mila imprenditori. «Sommando queste tre nazionalità — sottolinea la Fondazione — otteniamo il 30% di tutti gli imprenditori nati all’estero». Ma negli ultimi anni sono in forte crescita anche le comunità dell’Asia meridionale: su tutte il Bangladesh (+1 33,6% dal 2010, anche se in flessione nell’ultimo anno), ma anche Pakistan (+ 145,4%) e India (+ 146,9%).
Le valutazioni della Fondazione Moressa, nell’analisi finale, sono positive: «Sebbene il fenomeno dell’imprenditoria immigrata presenti diverse criticità, specie nella capacità di interagire con il sistema economico locale e soprattutto con le imprese autoctone, non si possono negare alcuni importanti punti di forza. Innanzitutto in molti casi l’imprenditoria rappresenta il compimento di un percorso di integrazione, e non vanno poi trascurate le relazioni tra l’imprenditore e il Paese d’origine, in grado di attrarre flussi commerciali e aumentare ulteriormente gli interscambi».