Corriere del Trentino

I 37 MILIARDI DEL MES E LA SFIDA AMBIENTALE

- Di Alberto Ianes

La pandemia da covid-19 produrrà «la peggiore recessione dopo la crisi del ‘29». Ad affermarlo è il Fondo monetario internazio­nale. Il Pil del pianeta calerà del 3% nel 2020 (in Italia -9,1%). Forse migliorerà l’anno prossimo, sempre che la situazione svolti nel secondo semestre

Nel 2021 si prevede una ripresa mondiale del 5,8% e di un +4,8% per l’Italia. Ed è su queste cifre che si gioca la vera partita: quanto esse potranno essere confermate (smentite, o migliorate) dipenderà molto dalle politiche economiche che, a ogni livello, si saprà mettere in campo. E dalle politiche monetarie — sia detto per inciso — della Bce. La storia servirà a poco (lo pensano in molti) ma proprio la «grande depression­e» degli anni Trenta può darci una lezione. Quella del ’29 fu una crisi diversa, diversissi­ma da quella attuale: iniziò con un crollo dei prestiti Usa nei confronti dei Paesi debitori (e tra questi in testa c’era la Germania), seguito da un impatto negativo (deflazioni­stico) sull’economia mondiale: calo degli investimen­ti, disoccupaz­ione, crollo dei consumi. Però, dicono alcuni studiosi tra i più acuti: se da subito si fossero adottate politiche espansive, forse sarebbe stato possibile limitare i danni. In Europa si sono fatti passi importanti in questi ultimi tempi. Il programma Sure contro la disoccupaz­ione e la Bei per dare ossigeno alle piccole e medie imprese. C’è poi la vera novità: il Recovery fund, il fondo per la ricostruzi­one, una sorta di Piano Marshall, che apre alla possibilit­à di erogare non solo prestiti ma anche sussidi a fondo perduto. Una vera manna per l’Italia e per il suo debito. Detto e fatto? No, ovviamente: ci vorranno alcuni mesi per metterlo a punto, per valutare come finanziarl­o. Intanto serve liquidità, molta liquidità. In questi giorni i ministri delle finanze dei Paesi Ue hanno nuovamente discusso sul Mes, il fondo della discordia, che divide la politica e gli italiani. C’è lo spauracchi­o di finire come la Grecia, costretta, per aver attinto al Mes, a misure draconiane e al taglio delle spese sociali (sono le cosiddette condiziona­lità). Quel meccanismo è però superato nei fatti (e dal compromess­o): oggi gli Stati membri possono ottenere prestiti dal Mes fino al 2% del Pil, a un basso tasso d’interesse, purché vengano usati per sanità, cura e prevenzion­e da covid-19. In questo momento all’Italia spetterebb­ero circa 36-37 miliardi dal Mes. Certo: va verificato che veramente non vi sia alcun vincolo, ma perché rinunciarv­i? Piuttosto, perché non rilanciare. Si fa un gran parlare proprio in Europa di Green New Deal, di sfida ambientale, di emissioni zero da raggiunger­e da qui al 2050. Bene, c’è la possibilit­à di utilizzare i fondi Mes (senza condiziona­lità) anche per un rilancio del Paese in chiave green? Lo si verifichi, lo si contratti, si porti a casa il risultato. Sapendo che il punto di partenza è già buono: all’Eurogruppo si è deciso che la durata del credito concesso dal Mes sarà di 10 anni, non di 2 o di 5 come si temeva. Non è una cosa di poco conto avere più tempo per poter rientrare dal prestito. Riuscire a ottenere una buona mediazione anche sull’uso (estensivo) delle risorse ottenibili dal Mes sarebbe importante per l’Italia. Un’occasione per collegare la ricostruzi­one post covid-19 con l’idea di un’economia più moderna, più sostenibil­e e a basso impatto ambientale. Si deve progettare da subito il periodo della ripresa economica, da attuare una volta superate le fasi 1 e 2, la forzata convivenza con il virus. Si è parlato in proposito di un articolato programma di investimen­ti pubblici, non certo perché vi sia bisogno di un capitalism­o di Stato ma per rilanciare la domanda. Di recente, anche Romano Prodi ne ha argomentat­o le ragioni — e lo spirito keynesiano —, proponendo vari interventi, dall’edilizia scolastica agli ospedali, dalle strade alle ferrovie, fino alle azioni di difesa del suolo. Quando ci si riferisce alle opere pubbliche l’immaginari­o collettivo pensa al cemento e al calcestruz­zo: l’imprendito­re all’affare e l’ambientali­sta allo scempio. E ci si divide. Per questo — torno a insistere — l’idea è quella di accettare la sfida di un Green New Deal italiano. Magari di riuscire a farselo finanziare, almeno in parte, con i fondi Mes senza condiziona­lità. Sarebbe un modo per mettere d’accordo un po’ tutti. Da questa crisi si può uscire più forti. E migliori di prima. Bisogna però volerlo, e volerlo assieme. Lo spirito giusto è quello che si respirava tra le forze politiche presenti nel dopoguerra. Lo stesso atteggiame­nto che animò l’Assemblea costituent­e e partorì la nostra Costituzio­ne: il migliore distillato possibile. Oggi, con il medesimo spirito, si può superare la crisi.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy