Badanti, possibile la regolarizzazione «Ma in Trentino il sommerso è poco»
Nel decreto Rilancio la norma. Cvajner: «Nel 2009 e 2012 numeri bassi»
TRENTO Nel decreto Rilancio approvato dal governo Conte, che contiene le misure per fronteggiare la crisi economica derivata dalla pandemia, è stata inserita la norma sulla regolarizzazione dei lavoratori, anche di quelli addetti ai servizi di cura come badanti e colf. Lavoratori stranieri senza un regolare titolo di soggiorno che potrebbero sanare la loro posizione, con la conseguente emersione del lavoro nero.
Se a livello nazionale stanno circolando alcune previsioni sull’impatto che avrà questa norma sulla popolazione straniera impiegata nel lavoro domestico, un dato scorporato per la Provincia di Trento non c’è: «Non sono ancora chiari i termini della norma e non si capisce bene chi possa accedere a questa sanatoria — afferma Martina Cvajner, ricercatrice al dipartimento di Psicologia cognitiva dell’Università di Trento —, ma per quanto riguarda le cosiddette badanti non credo che in Trentino ci siano alti livelli di sommerso da far emergere. Qui non arrivano direttamente, perché le grandi comunità di donne straniere sono nel Sud e raggiungono il Trentino successivamente, spesso con il permesso di soggiorno regolare. Si spingono a Nord per le migliori condizioni economiche e forse anche per la regolarizzazione del rapporto di lavoro».
A suffragio di questa tesi c’è l’esperienza delle precedenti sanatorie: «Nel 2002 furono regolarizzate 700 tra badanti e colf —spiega —, poi nei successivi provvedimenti del 2009 e del 2012 il numero di regolarizzazioni fu ragionevole, tanto basso da non fare nemmeno notizia». Dagli studi della ricercatrice emerge anche un altro dato: «Il mercato domestico, quello delle colf, è saturo anche in conseguenza della crisi economica degli ultimi anni, mentre non si può dire lo stesso per le badanti che abitano in casa con le persone che assistono». Nel secondo caso, spesso la regolarizzazione è parziale: «Spesso si tratta di donne che sono in Italia da 20 anni, che hanno la carta di soggiorno (il documento che non necessita del rinnovo annuale ma che vale per 5 anni, ndr), che sono regolarizzate dal punto di vista amministrativo ma che preferiscono lavorare in nero. Oppure — continua la ricercatrice — che accettano di essere assunte per meno ore di quelle che svolgono». Negli anni la situazione ha avuto però la sua evoluzione: «Nel 2016 la stima delle badanti irregolari si fermava al 10% del totale, mentre 10 anni prima questo dato raggiungeva il 40%. Quel 10% del 2015 — osserva Martina Cvajner — era poi composto prevalentemente da persone in attesa di ricongiungimento, quindi irregolarità in attesa di essere sanate».
La fotografia dello stato attuale del lavoro domestico in Trentino emerge dal numero degli assicurati presso l’Inps. «Secondo gli ultimi dati disponibili risultano 6.088 lavoratori domestici, di cui 4.552 stranieri, in una percentuale del 75% e in prevalenza donne per un 95%. Sono 1.786 le colf, di cui il 58% sono straniere, e sono invece 4.300 le badanti, con un’incidenza di straniere dell’82%».
Che la norma nazionale non porterà grandi numeri di regolarizzazione ne è convinta anche Stefania Tranquillini del Caaf-Cgil, responsabile del Servizio badanti: «La mia sensazione è che non ci siano tante straniere che svolgono il lavoro di badante senza il permesso di soggiorno. Forse qualcuna entrata con il visto turistico». E aggiunge: «Ci possono essere irregolarità contributive, lavoro nero da far emergere, ma nemmeno in questo caso si prevedono grandi numeri. Negli anni scorsi alcune straniere preferivano essere messe in regola per meno ore di quelle lavorate, ma ora hanno capito che è più conveniente versare tutti i contributi per poi avere la totalità del riconoscimento della disoccupazione».
Tranquillini Possibile emerga del lavoro nero, ma ora le badanti hanno capito che conviene versare i contributi