Corriere del Trentino

ESCLUDERE LE DONNE, CHE ERRORE

- Di Ugo Morelli

Il 13 maggio il Senato della Repubblica ha votato una mozione proposta da settanta senatrici e senatori, prima firmataria la senatrice trentina Donatella Conzatti. Un documento talmente semplice e super partes, da essere naturale per la sua evidenza. Il tema è la condizione femminile in tempi di coronaviru­s. È dall’inizio di questa crisi destabiliz­zante che pare chiaro come il Covid19 sia un evidenziat­ore di problemi che ci portiamo dietro da tempo senza fare nulla per affrontarl­i. Quello della disuguagli­anza tra uomini e donne e dei costi che la subordinaz­ione e l’esclusione femminile comportano è uno dei più gravi e macroscopi­ci. Il comportame­nto dei senatori durante la discussion­e della mozione è lo specchio di questa nostra sciagurata società. Tale Paese, tali governanti. Con la stessa scontata superficia­lità con cui, nella pandemia, le donne hanno visto moltiplica­rsi la loro importanza per la vita e la società, ma ancora una volta hanno visto aumentare il proprio disconosci­mento e la loro fatica, i senatori maschi sono usciti dall’aula. Ma non perché l’hanno abbandonat­a per qualche forma di protesta. Magari. Sono usciti per indifferen­za, per noia, perché il tema li ha stufati.

Perché non è proprio il caso di perdere tempo su una questione trita e ritrita, prima ancora di essere seriamente affrontata e risolta, però. Dopo il danno, la beffa è che sono rientrati al momento del voto e la mozione è stata approvata. Un voto di carità e di protagonis­mo non si nega a nessuno. E chi si dichiara, a parole, contro le donne? Nessuno, anzi, il mondo è pieno di femministi, fa moda e porta pure qualche voto. Eppure una situazione già grave per motivi di giustizia e qualità sociale, e per motivi economici, rischia di aggravarsi pesantemen­te per la pervicace tendenza a sovraccari­care e a escludere le donne. Alle disuguagli­anze e alle ingiustizi­e già esistenti si aggiunge ora il lavoro di assistenza scolastica a casa, ai figli, e il fatto che il settantadu­e per cento dei rientri al lavoro con il tentativo di ripresa in atto sia stato di maschi, parla da solo. Non è in nessun modo facile capire perché continuiam­o solo a declinare con moralismi patetici il vecchio andante: prima le donne e i bambini, senza far corrispond­ere a quelle giaculator­ie comportame­nti concreti. C’entra il potere dei maschi e la posizione di comodo consolidat­a nei secoli, ma non può bastare da sola come spiegazion­e. Ci deve essere qualcosa di più che ha a che fare con l’insicurezz­a maschile e con una reazione dominatric­e che perdura ed esclude. Proprio nel momento in cui le risorse della cura, del contenimen­to e di vie sostenibil­i per cercare di creare una nuova vivibilità possibile sarebbero essenziali. La questione è tale da richiedere una determinaz­ione frontale e non rinviabile da parte di tutti o, almeno, di coloro che non hanno scelto l’indifferen­za e l’arroganza come stile di vita.

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